Strasburgo – “Dal 2007, nella regione andalusa di Huelva, ogni anno arrivano migliaia di donne marocchine per la raccolta delle fragole: è il Programma Ue di gestione etica della migrazione stagionale tra spagna e Marocco” che lo permette, con l’obiettivo di contrastare la migrazione clandestina, attraverso “contratti all’origine”. Ne ha parlato Chadia Arab, ricercatrice del Centre national de la recherche scientifique, al Forum mondiale per la democrazia in corso da ieri a Strasburgo, nel contesto di una tavola rotonda sulle “donne migranti” e le strategie di integrazione ed empowerment. L’esperienza del Programma, riferisce il Sir, non è priva di ambiguità: ogni anno vengono selezionate migliaia di donne in Marocco, povere, socialmente escluse, vedove o con coniugi in difficoltà, reclutate per il 75% in zone rurali e svantaggiate, meglio se con figli “per essere sicuri che poi tornino” nel loro Paese, e mandate in Spagna per 3-6 mesi a raccogliere fragole. “Lavorano in modo coscienzioso e sottomesso per non essere rispedite a casa”, con orari e compensi sindacalmente accettabili, ma vivono quasi segregate nelle fattorie, senza spazi di privacy, in un rapporto con i datori di lavoro spagnoli che si nutre di un “triplo dominio: nazionalità, sesso, classe”, ha evidenziato Arab. Certo, “con quanto guadagnano riescono a mantenere la famiglia per il resto dell’anno”.
Nel 2009 ne sono arrivate 17mila, poi la crisi ha portato una contrazione incredibile nella domanda che ne ha escluse oltre 14mila. Dal 2017 la ripresa, nel 2018 hanno lavorato in Spagna 15mila donne. Nonostante il programma, “tremila donne sono rimaste in Spagna nella clandestinità”. Non rari i casi di aggressioni sessuali nelle cooperative, ma nei mesi scorsi “30 donne hanno avuto il coraggio di sporgere denuncia”.