Fondazione Moressa: gli stranieri regolari producono il 9% del PIL italiano

Roma – La presenza degli stranieri in Italia  non ha modificato solo l’aspetto demografico, ma anche quello economico. Nel 2011 gli occupati stranieri erano pari al 9%, nel 2017 hanno raggiunto quota 10,5. Questi 2,4 milioni di occupati producono un valore aggiunto pari a 131 miliardi (8,7% del valore aggiunto nazionale). E’ quanto si legge nel Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Moressa e pubblicato con il contributo della CGIA di Mestre e con il patrocinio di OIM e MAECI. Il Rapporto, presentato questa mattina  a Roma, oltre a fotografare l’impatto economico e fiscale dell’immigrazione in Italia, si concentra sull’invecchiamento demografico in corso in Italia e sui cambiamenti in atto. Per quanto riguarda i lavoratori stranieri la Fondazione Moressa evidenzia che si tratta di occupazione “complementare”: la maggior parte degli occupati stranieri svolge lavori poco qualificati (e quindi faticosi e poco retribuiti), mentre gli occupati italiani si collocano nelle professioni più qualificate. Non è da sottovalutare – scrivono i ricercatori della Fondazione – nemmeno l’apporto degli imprenditori stranieri che rappresentano il 9,2% del totale imprenditori, dato in crescita negli ultimi cinque anni del 16,3% in controtendenza con la diminuzione degli italiani (-6,4).

I lavoratori stranieri, si legge ancora nel testo, dichiarano 27,2 miliardi di euro (stima) e versano 3,3 miliardi di euro di IRPEF. Inoltre il loro contributo previdenziale è pari a 11,9 miliardi di euro che aiuta a finanziare il nostro sistema di protezione sociale. Redditi ed imposte sono inferiori alla media italiana in quanto provengono da lavori poco qualificati. “Un aumento della mobilità sociale degli stranieri inciderebbe in modo positivo sull’impatto fiscale italiano”, sottolineano gli autori. Nel rapporto di evidenzia anche che nel 2050 la popolazione anziana in Italia crescerà del 47%, e con essa anche la richiesta di Welfare che dovrà essere soddisfatta da una popolazione in età lavorativa (pop. 15-64 anni) inferiore del 18% rispetto ad oggi. In questo contesto si inserisce la crescita degli ultimi anni della popolazione immigrata che ha in parte “rallentato l’invecchiamento della popolazione”. Il problema reale per la sostenibilità economica del paese è che a diminuire sarà la popolazione dai 15 ai 64 anni che subirà una contrazione di 7 milioni, mentre la popolazione con almeno 65 anni aumenterà di 6 milioni. Mantenendo lo stesso livello occupazionale del 2017 gli occupati diminuirebbero di quasi 4 milioni, mentre aumenterebbero i pensionati arrivando allo stesso numero degli occupati. A questo trend preoccupante va aggiunto il numero sempre crescente di italiani che stanno lasciando il paese; dal 2011 al 2017 il saldo migratorio è negativo e pari a -391 mila. Si tratta nella maggior parte di potenziali lavoratori che esportiamo all’estero; giovani ed istruiti. Nello stesso periodo nel nostro paese la popolazione straniera è cresciuta di 1,1 milioni senza contare le oltre 800 mila naturalizzazioni. Rispetto agli italiani gli stranieri sono più giovani ed il loro saldo naturale è positivo, per questo incidono sulla spesa pubblica solo con il 2,1%.