Milano – Per i credenti di origine stranieri la fede rappresenta un porto sicuro, uno strumento fondamentale per far fronte alle difficoltà della migrazione, una risorsa per difendere la propria identità del nuovo Paese. Per i loro figli, l’esperienza religiosa è meno ancorata alla tradizione e risente del nuovo contesto secolarizzato a dispetto dell’impegno dei loro padri nella trasmissione dei valori. Ciò vale tanto per i cristiani (di tutte le confessioni, sebbene con qualche lieve distinguo), quanto tra gli appartenenti ad altre religioni, compresi i musulmani.
E’ quanto emerge del volume “Di generazione in generazione. La trasmissione della fede nelle famiglie con background migratorio” che raccoglie i risultati dell’indagine realizzata dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Tornillo di Milano con la collaborazione della Fondazione Migrantes e degli uffici Migrante delle diocesi della Lombardia. La ricerca è stata presentata questa mattina presso la Curia Arcivescovile di Milano.
Nella realizzazione della ricerca sono stati intervistati 149 persone residenti in Lombardia di fede cattolica, ortodossa, evangelica, buddista, induista, musulmana e sikh. In particolare sonno stati intervistati in profondità giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni, i loro genitori e i principali leader delle comunità religiose di appartenenza.