Palermo – Fatti, solidarietà concreta, risveglio delle coscienze davanti alla sofferenza di tante persone. Così i vescovi siciliani avevano preso l’iniziativa in prima persona per sollecitare una svolta nella vicenda della nave Diciotti. Soluzione che poi è arrivata proprio grazie alla generosità e alla persuasione che ha fatto sbloccare il lungo empasse. «I vescovi di Sicilia si stanno interrogando sulla necessità di passare dalla riflessione ai fatti, meno proclami, pur importanti per risvegliare le coscienze, e più azioni fattive per liberare questi nostri fratelli – aveva fatto sapere fin dal mattino il vescovo di Noto mons. Antonio Stagliano, delegato Migrantes della Conferenza Episcopale Siciliana –. Dopo le belle riflessioni, occorre subito mobilitarsi: magari salendo sulla Diciotti e fare con loro lo sciopero della fame? O qualche altra iniziativa di solidarietà che manifesti il volto popolare di una Chiesa impegnata fattivamente su questo problema?». Iniziativa individuata nell’accoglienza sia da mons. Staglianò sia dal vescovo di Cefalù Giuseppe Marciante, che in una nota aveva manifestato la disponibilità a ospitare nella sua diocesi i profughi: «Non è solo questione di giustizia, ma dare ospitalità e accoglienza è crescere nella fede: questo è l’amore. Come Chiesa viva, allora, apriamo le porte della nostra Diocesi. Abbiamo case e istituti religiosi vuoti, anche in buone condizioni. Ottimi per dare accoglienza a questi nostri fratelli. Mettiamo in pratica il Vangelo di Gesù». In più, ha osservato monsignor Marciante, «i 150 immigrati della Diciotti vengono quasi tutti dall’Eritrea, un Paese tra i poveri, governato da una dittatura brutale che pone quella popolazione nella scelta tra morire in patria o rischiare di morire nel viaggio della speranza, per raggiungere parenti e connazionali soprattutto nel Nord Europa. Siamo cristiani e dobbiamo seguire Cristo che bussa alla nostra porta. Dobbiamo impegnarci con intelligenza e prudenza, ma anche con coraggio e profezia. Oggi ancora non si vedono soluzioni a livello politico europeo. Ma la Chiesa è viva e pronta: cominciamo a liberare i 150 nostri fratelli della nave trasformata in una prigione, chiediamo solidarietà e prendiamoci le nostre responsabilità».