Santa Maria di Leuca – E’ giunta quest’anno alla sua nona edizione la Summer School “Mobilità umana e giustizia globale”, organizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con la Fondazione Migrantes, lo Scalabrini International Migration Institute (SIMI) e la Fondazione ISMU.
L’iniziativa annuale si è svolta dal 23 al 26 luglio a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, e ha avuto per tema “Il lavoro che m(n)obilita. Constatare la marginalità, valorizzare il potenziale, promuovere lo sviluppo”.
Il fenomeno migratorio pone certamente una varietà di sfide ai mercati dell’Unione Europea, chiamati a verificare le proprie capacità di inclusione; d’altro canto appare però indiscutibile che, superando gli attuali (e troppo spesso inefficaci) modelli dell’integrazione, il beneficio apportato da questi attori economici sarebbe straordinario, si evidenzia nel comunicato finale dei lavori. La Summer School 2018 ha inteso proprio analizzare la realtà del lavoro immigrato in Europa e quindi anche in Italia, approfondendone gli aspetti problematici per illuminare quelli virtuosi.
Tra gli ospiti della scuola di quest’anno, diretta da Laura Zanfrini, docente di Sociologia delle migrazioni all’Università Cattolica del Sacro Cuore, e da p. Fabio Baggio (sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero dello Sviluppo Umano ed integrale don Giovanni De Robertis, direttore generale dalla Fondazione Migrantes, mons. Luca Bressan, Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale della diocesi di Milano, p. Aldo Skoda, preside dello Scalabrini International Migration Institute (Simi) e alcuni rappresentanti della chiesa e società pugliese che hanno presentato buone pratiche sul tema in oggetto.
Nel panorama delle iniziative formative dedicate al fenomeno delle migrazioni internazionali, la Summer School si distingue per il fatto di “condurre l’analisi della mobilità umana all’interno di una riflessione più ampia, che comprende la questione della giustizia in tutte le sue implicazioni (economiche, politiche, sociali, culturali ed etiche). Gli studiosi e gli esperti hanno presentato ricerche, iniziative e testimonianze, condotto laboratori interattivi e guidato la visita a luoghi dell’impegno culturale e civile.
“La straordinaria adattabilità dei migranti”, ha detto Zanfrini, “li ha resi i candidati ideali per occupare quei lavori che gli italiani non volevano più fare rendendoli una risorsa strutturale per il funzionamento della nostra economia e della nostra società. Tuttavia, in un quadro macro-economico caratterizzato da processi di mercificazione e precarizzazione del lavoro, dall’ampiamento delle disuguaglianze sociali e dall’avvento di logiche neo-liberiste – col loro corollario di ‘scarti umani’ – gli immigrati sono divenuti, loro malgrado, gli ingranaggi di un circolo vizioso di progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e di reddito”. Per Zanfrini “garantire l’uguaglianza delle opportunità e le condizioni di un lavoro decente e dignitoso per tutti è dunque un passaggio fondamentale per valorizzare il potenziale dell’immigrazione e promuovere una convivenza pacifica e solidale”. P. Baggio ha ricordato, invece, come “il nesso migrazione e sviluppo nasce negli anni ’60: c’era chi la negava in toto, accanto a chi vedeva invece, in particolare nel fenomeno in crescita esponenziale delle rimesse, un segno di un positivo contributo allo sviluppo. Oggi dopo un lungo percorso si è arrivati alla «Dichiarazione di New York» (settembre 2016), punto di riferimento che ci sta accompagnando verso il Global Compact on Migration”. Per il sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati l’esperienza migratoria “può divenire purtroppo una forza distruttiva per la separazione di famiglie e non occasione di sviluppo, per nessuno. Esiste però un mantra indotto e che nutre numerosi miti tra le persone con un background migratorio incanalandoli in concetti preconfezionati di sviluppo. Quest’ultimo comincia invece da piccoli step, è localizzato, sostenibile, non è solo di qualcuno, ma di molti ed ovviamente necessita di una congiunzione socio-politica virtuosa. Migrazione e sviluppo dovrebbero nutrirsi di lungimiranza e non della “corto-miranza” come si nota nei leader di questo nostro tempo”.