Stoccolma – Il fenomeno migratorio non è solo una questione economica, sociale, demografica, culturale e politica. Proprio perché esso è diventato un argomento sempre più politicizzato, comprendere oggi le ragioni di questo movimento umano globale, la presenza dei migranti e la loro integrazione nelle società europee passa attraverso la comunicazione. E allora, come comunicare, informare la gente, e formare innanzitutto i fedeli cattolici ad una giusta percezione del fenomeno migratorio? Quali strumenti utilizzare? Come testimoniare quanto di bene si sta facendo in Europa anche attraverso la Chiesa cattolica? Come combattere le numerose “fake news” che popolano le piazze virtuali e alterano la realtà? Sono queste le domande su cui si sono confrontati i responsabili per la pastorale dei migranti delle Conferenze Episcopali in Europa, riunitisi a Stoccolma (Svezia) dal 13 al 15 luglio. Per l’Italia era presente il Direttore generale della Fondazione Migrantes, don Giovanni De Robertis.
Il fenomeno migratorio all’interno del continente europeo è stato ed è salutare per la fede, perché molti cristiani giunti dall’Est europeo, dal Medio Oriente o dall’Africa hanno mantenuto e vivono la loro fede nei Paesi di accoglienza, spesso marcati da un forte processo di secolarizzazione. Dall’altra parte, una errata gestione o la cosciente manipolazione del fenomeno migratorio attraverso i mezzi di comunicazione sociali hanno spesso generato incomprensioni, se non addirittura atteggiamenti ostili presso le comunità accoglienti. E’ quanto ha fatto notare don José María La Porte, Decano della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce (Roma) introducendo il tema “Immigrazioni e opinione pubblica: le dinamiche dell’informazione”.
In effetti, i partecipanti hanno notato come in tempi di crisi economica, cresce la percezione nell’opinione pubblica che i Governi nazionali dovrebbero innanzitutto prendersi cura dei propri cittadini anziché dei migranti. Se nei dibattiti mediatici, il fenomeno migratorio viene affrontato solo dalla perspettiva economica o politica, il risultato appare evidente: si dimentica il diritto inalienabile alla dignità di ogni persona umana. Inoltre, non sempre i media mostrano di trattare il complesso fenomeno della mobilità umana con la dovuta competenza. Così, il ruolo della comunicazione nel raccontare la mobilità umana nelle sue tragedie ma anche nella sua bellezza e ricchezza appare essere una responsabilità fondamentale anche della Chiesa. In questo senso, i lavori hanno messo in evidenza – si legge in ina nota – l’urgenza per chi è preposto alla cura pastorale dei migranti di legare pastorale e comunicazione, investendo nella formazione dei comunicatori e nell’uso dei social media. Troppo spesso infatti si corre il rischio di usare in modo acritico categorie prese ‘in prestito’ da altre istituzioni, da altri ambiti quali la politica, la sociologia o l’economia che generano confusione e paura. Raccontare invece in modo appropriato la mobilità umana appare una sfida urgente che richiede un impegno rinnovato anche da parte della Chiesa. Non sempre questo significa l’aumento di interventi pubblici o di nuovi strumenti mediatici quanto di ritornare ad esprimere in modo semplice ma chiaro i principi che sono alla base dell’attività della Chiesa, come la dignità di ogni persona. In tal senso, la testimonianza della Chiesa apparirà molto più forte se i vari ambiti pastorali preposti alla cura dell’umano testimoniano il medesimo desiderio di tutelare la persona. Non si può essere a favore della difesa della dignità della vita dei migranti e contro la difesa della vita o della famiglia; e vice-versa non si può difendere la vita, dal suo concepimento fino alla sua fine naturale, e non difendere la vita e la dignità dei migranti. Nella giornata di sabato 14 luglio, i partecipanti si sono confrontati insieme ai rappresentanti di Caritas Svezia, dell’ICMC e della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale su “Come la Chiesa usa i media per parlare delle migrazioni” e come la Chiesa forma e informa i suoi fedeli riguardo al fenomeno della migrazione. In Europa, le Caritas nazionali hanno puntato su un impegno concertato e interconnesso tra loro, realizzando le stesse campagne mediatiche su vari reti sociali adattate alla specificità dei singoli contesti nazionali. Questo è particolarmente evidente nella campagna #whatishome volta a sensibilizzare gli utenti sul tema della “casa” e creare engagment tra di loro. Lavorare insieme, in collaborazione anche con altre realtà della società civile – ma senza ambiguità -, può risultare importante nel promuovere una cultura dell’incontro e correggere l’immagine errata propugnata dalle numerose “fake news” che circolano nella rete. Insieme ai rappresentanti del Vaticano si è approfondito poi il ruolo educativo ed evangelizzatore delle attività del nuovo Dicastero. Formare, informare i fedeli e promuovere la collaborazione tra le varie realtà ecclesiali che operano nell’ambito della pastorale dei migranti è al centro della sua missione. Attraverso varie esperienze di collaborazione, il dicastero testimonia come sia possibile costruire una narrativa positiva. Dal canto suo, l’ICMC (la Commissione Cattolica Internazionale Migrazioni) è impegnata nel promuovere, con vari progetti un po’ ovunque nel mondo, le linee guida indicate da Papa Francesco e sintetizzate con le parole “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.
Tutte le sessioni di lavoro hanno visto un ampio tempo di dialogo che ha permesso lo scambio di esperienze che aiutano a testimoniare al mondo quello che la Chiesa fa e pensa sulle migrazioni, e l’individuazione di alcune sfide comunicative della Chiesa nell’ambito delle migrazioni sia all’interno che all’esterno della comunità cristiana.
Nelle loro conclusioni, mons. Duarte da Cunha, Segretario Generale del CCEE, e don Luis Okulik, Segretario della Commissione CCEE Pastorale Sociale, hanno sottolineato l’importanza di comunicare quanto di bello la Chiesa fa; l’urgenza di un uso appropriato del linguaggio utilizzato quando si parla della mobilità umana; di inquadrare chiaramente i singoli eventi, troppo spesso decontestualizzati; e di sfidare la narrativa comune, accettando innanzitutto l’incontro con l’altro, amandolo non in astratto, ma nella concretezza del quotidiano. Nell’ambito delle migrazioni, le opere hanno più forza di molte parole, spesso inadeguate a dare ragione del dramma e della solitudine vissuta da tante persone lontane dalla propria patria.
Lo scambio e la celebrazione quotidiana dell’eucarestia ha permesso anche di portare nel cuore e nella preghiera i problemi, le sofferenze non solo dei numerosi migranti che giungono da oltre i confini del continente, in particolare dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e in Africa, ma anche, e specialmente, dei numerosi ucraini sfollati o costretti ad emigrare dal loro Paese per il dramma della guerra. Nonostante le loro numerose difficoltà la Chiesa è loro grata per la testimonianza che danno nel vivere il Vangelo di Cristo e nell’annunciarlo nella loro terra di accoglienza. Nel corso dell’incontro i partecipanti hanno potuto incontrare ed apprezzare l’ospitalità di varie comunità di migranti, provenienti dal Medio Oriente e dall’America Latina, presenti nella diocesi. I lavori si sono conclusi nella mattinata di ieri, domenica 15 luglio, con la celebrazione della Santa Messa in presenza delle comunità di migranti nella Chiesa di Santa Eugenia di Stoccolma e una visita all’Abbazia di Santa Brigida a Vadstena.