Firenze – “L’Occidente deve liberarsi delle […] scorie egoiste […] e tornare all’amore cristiano […]. Solo così esso non avrà nulla da temere dalle grandi promozioni storiche […] per ricevere integrazione e operare con i popoli nuovi, nazioni nuove e nuove civiltà. [Un messaggio] dell’autentica Europa, quella che ha, per vocazione, le frontiere aperte verso tutti i popoli, verso tutte le civiltà, verso tutti i continenti e in tutte le direzioni del mondo”.
Il sindaco di Firenze Giorgio La Pira (nei giorni scorsi papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione del Decreto di venerabilità, ndr) si esprimeva così nel 1962. Erano anni intensi per l’azione internazionale rivolta alla pace: la divisione in blocchi, il rischio incombente della guerra nucleare, l’indipendenza dei Paesi emergenti “non-allineati”. Il mondo stava profondamente cambiando.
La Pira inseriva la sua azione locale, a servizio della città, in un contesto più ampio, internazionale, planetario. Aveva capito l’interdipendenza del pianeta e operava per unire i popoli, attraverso un’azione diplomatica tesa al progressivo coinvolgimento di uomini e popoli, in dialogo su vari piani: economico, culturale, spirituale e religioso.
Si espresse intensamente nei confronti del Vicino Oriente, da lui percepito nella sua complessità storica, sociale e politica come il Luogo che contiene tutto il nostro mondo. Numerosi saranno i viaggi in Israele, in Palestina, in Egitto, in Marocco. Intensa l’attività a sostegno di Enrico Mattei, presidente di ENI, per lo sviluppo delle relazioni con l’Algeria. La Pira preme su Fanfani – all’epoca Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri – perché “il Governo italiano assuma l’impegno politico e spirituale di avvicinare all’Europa i popoli arabi, tutti i popoli di Africa e di Asia, e i Paesi comunisti”. Sapeva che il futuro non s’improvvisa e che le piaghe degli errori storici sono lente da rimarginare.
La sua azione coglieva nel Mediterraneo una precisa vocazione alla pace, come occasione d’incontro tra i popoli delle sue rive: ebrei, musulmani e cristiani, fratelli in Abramo, posti in dialogo, avrebbero potuto aprire un percorso storico nuovo. Non era un ingenuo. Sapeva bene come il Mediterraneo fosse stato, storicamente, intriso di odio e di battaglie e teatro di conflitti. Ma poneva in luce l’altro Mediterraneo, non meno reale del primo: quel lago senza uguali, che ha favorito una molteplicità di scambi che hanno permesso l’incontro con i popoli slavi e arabi, e la comunicazione di tecniche, di arti, di idee, dando vita a uno spazio unico al mondo.
Fu il re del Marocco, Maometto V, nel 1957, a suggerire a La Pira: “I problemi mediterranei sono solidali e necessitano di una soluzione unica, solidale: chiami tutti i popoli mediterranei a Firenze e li faccia unire e pacificare a Firenze”. Il sindaco lo prese in parola e dette vita ai Colloqui Mediterranei, avviando un percorso inedito, straordinario: si promossero Gemellaggi tra città, per unire tutti. Il primo, tra Firenze e Fes: unire le città per unire il mondo.
E oggi? Osserviamo il Mediterraneo divenuto cimitero sotto la luna. La visione europea, che mette insieme le volontà politiche di diversi Paesi per governare congiuntamente fenomeni che sfuggono al controllo dei singoli Stati, resta una grande intuizione, che risponde ai bisogni dei cittadini in un mondo globale e transnazionale.
Come possiamo rendere attuale l’utopia pragmatica di La Pira? Come ridare vigore a un’Europa unita, che si fondi sul valore dell’ospitalità?
In questo i fedeli delle Chiese delle diverse sponde del Mediterraneo, possono fare molto, se uniti. Forti della speranza che ha sostenuto tutti coloro che, come Giorgio La Pira, hanno creduto e credono nell’Europa. Ascoltiamo e facciamo nostro l’appello di La Pira, oggi drammaticamente ancora più attuale: “L’Italia deve costruire un ‘ponte’ che i popoli attraversino per giungere alla civiltà della pace […] La politica italiana va vista nella prospettiva di questa costruzione del ponte di pace sul mondo. Basti pensare all’esplosione demografica dei prossimi 30 anni (saremo 7 miliardi nel 2000) e a quella – davvero impensabile – dei prossimi 100 anni. Una ‘programmazione’ nazionale, continentale, mondiale: a questa esigenza del piano non ci si sottrae […] per aprire le porte di accesso politico a tutti i popoli nuovi della Terra; per ‘programmare’ e realizzare per tutti i popoli una elevazione sociale ed economica che sia degna della dignità davvero infinita della persona umana”. (Maurizio Certini – Direttore del Centro internazionale studenti Giorgio La Pira)