Trento – È la prima iniziativa di questo tipo in Italia e probabilmente non sarà l’unica. Trento sta per diventare la prima “città rifugio” del nostro Paese, ovvero un comune in grado di offrire protezione temporanea alle persone che difendono i diritti umani nel mondo.
La decisione è stata assunta dal Consiglio comunale pochi giorni fa con una mozione che ha ottenuto nell’aula una sostanziale unanimità (21 voti favorevoli su 29 votanti, 3 astenuti e 5 non votanti) a conferma di un consenso trasversale fra le forze politiche. La Città del Concilio ha preso esempio dalla formula delle “shelter town”, già attivata in Olanda e nel programma di protezione del Paese Basco, che si propone di offrire ospitalità concreta e inviolabile a quelle persone che lottano per la difesa dei diritti umani in situazioni difficili come in Colombia, Brasile e Messico, come risulta dagli ultimi rapporti di Amnesty International e Frontline Defenders.
“I difensori – uomini e donne – che rischiano la vita – spiega Roberta Zalla, consigliera comunale del PD e promotrice del provvedimento – sono il volto visibile di movimenti, organizzazioni, comunità, popoli che rivendicano il proprio diritto a esistere, a mobilitarsi, a difendere la propria dignità e la propria terra”. Le statistiche riferite al 2017 rivelano che ben 300 persone impegnate in questo campo sono state uccise. Si tratta per lo più di donne. Per fare i casi più recenti, la giovane colombiana Emylen Manyoma, leader delle periferie della sua città o la politica brasiliana Marielle Franco, presidente del Comitato delle donne del suo Comune, assassinata lo scorso 14 marzo.
Nell’applicazione olandese, inserita in un quadro normativo sostenuto anche dall’Onu, si prevede che gli Hrd ( Human Rights Defenders) possano lasciare il Paese nel quale sono minacciati per un periodo breve, dai 3 ai 9 mesi, e trovare alloggio temporaneo e protezione in una città rifugio. Anche se il periodo è necessariamente breve – una sorta di ‘tregua’ per poter affrontare il ritorno nel proprio Paese in condizioni migliori – l’esperienza appena avviata contribuisce a far conoscere e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle minacce in corso, richiamando l’attenzione della comunità internazionale e, fra l’alto, valorizzando e mobilitando la comunità ospitante.
L’amministrazione del capoluogo trentino ha assunto questa decisione, appoggiandosi alla mozione già approvata nel gennaio scorso dal Consiglio della Provincia autonoma di Trento che s’impegna a tradurre sul territorio le azioni concrete per accompagnare gli attivisti minacciati, come l’istituzione di una città rifugio. (Diego Andreatta)