Bologna: la Madonna e la città negli sguardi dei migranti

Bologna – Posso dire per l’esperienza di questi ultimi anni che gli immigrati cristiani, sia cattolici che ortodossi, sono tra i nuovi bolognesi quelli che per primi accolgono e vivono con entusiasmo la devozione per la Madonna di San Luca, forse anche più dei nostri giovani. Molti di loro hanno come l’impressione che la grande mobilitazione di fede e devozione che caratterizza questa settimana in cui la santa Icona scende dal suo colle per sostare in cattedrale, renda la nostra città addirittura più «normale», perché anche nei paesi dove la fede cristiana è minoritaria, l’elemento religioso è comunque molto presente nella vita pubblica. A molti di loro appare invece «strana» e perfino incomprensibile una città nella quale la vita dello spirito e la testimonianza della fede restano sepolte nell’intimità della coscienza o sotto il velo di una proposta di valori puramente umani e non radicati nell’amore di Dio. La presenza degli immigrati è molto frequente ed evidente nelle celebrazioni mariane di questa settimana. Li si vede partecipare alle processioni, alle celebrazioni liturgiche, nel confessionale, ma anche sostare a lungo in chiesa, spesso con una rara capacità di silenzio, nelle prime ore del pomeriggio o in tarda serata: una partecipazione che diventa corale e perfino orgogliosa in alcuni momenti che sono ormai entrati nella consuetudine della nostra Chiesa, come il rosario serale del mercoledì.

Quest’anno sono state 13 le lingue utilizzate per la recita del Rosario, vissuto con una naturalezza che ha del commovente da parte della grande assemblea di bolognesi che si raduna ogni sera. Particolarmente toccante il canto in lingua aramaica, la lingua parlata da Gesù e utilizzata nella liturgia dalla Chiesa caldea. Questo momento di preghiera serale di mercoledì era già da tempo in programma, anche con una intenzione speciale per la pace in Siria, in Ucraina e negli altri paesi segnati dalla guerra, ma negli ultimi giorni si è attivata in Italia e nel mondo una rete di preghiera che invitava ad unirsi alla famiglia Evans nel secondo compleanno del piccolo Alfie, per il quale molti si erano mobilitati, sostenuti anche dal Papa. È così entrata con naturalezza nelle intenzioni anche la preghiera per le famiglie che accompagnano persone gravi e gravissime e perché la vita umana sia sempre sostenuta, onorata e difesa. Alfie e la pace: due intenzioni apparentemente molto diverse, ma che in realtà rappresentano le piaghe sanguinanti del nostro tempo: un mondo iper sviluppato che ritorce il suo progresso contro la dignità dell’uomo che soffre e aree del pianeta nel quale scorrono nell’indifferenza sangue e ingiustizia. Ieri si è chiusa la settimana con la partecipazione massiccia anche delle comunità ortodosse, che hanno celebrato un Akatisthos, poche ore prima della partenza dell’immagine e si sono unite con le altre comunità alla grande processione, con stendardi, bandiere e abiti tradizionali, mentre i loro sacerdoti, si uniranno a quelli cattolici nel portare in spalla la Santa Icona. (Andrea Caniato – Direttore Ufficio Migrantes Bologna)