Roma – Pubblichiamo di seguito l’intervento che il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ha pronunciato questa mattina ai lavori di apertura dell’Assemblea Plenaria della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni che ha luogo a Roma da oggi all’8 marzo:
Eccellenze, Signore e Signori, cari amici,
sono lieto di questa opportunità che mi date per rivolgervi un saluto ed offrirvi alcune considerazioni in un momento importante nel quale la Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni è chiamata a dare alla Chiesa e al mondo, oltre che a sé stessa, risposte adeguate a nuove domande e ad interrogarsi sulle forme oggi più adatte per portare avanti il suo impegno nelle situazioni che riguardano le migrazioni.
Tutti qui sappiamo che l’ICMC è nata a seguito degli sconvolgimenti causati dalla II guerra mondiale, per volontà del Papa Pio XII, che l’aveva voluta per far fronte al massiccio spostamento di rifugiati, come organismo cattolico internazionale di informazione, di coordinamento e di rappresentanza per le migrazioni.
Sin dai suoi inizi, gli Episcopati delle nazioni più implicate nel fenomeno delle migrazioni furono coinvolti, tramite rappresentanti, nell’elaborazione del suo statuto, poi formalmente approvato dal Santo Padre con Lettera del 12 aprile 1951 a firma del Sostituto della Segreteria di Stato, Mons. Giovanni Battista Montini. La Commissione aveva lo scopo principale di promuovere l’applicazione dei principi cristiani in tema di migrazioni e di politiche riguardanti le popolazioni e di far adottare tali principi dalle organizzazioni internazionali, governative e non-governative, in modo particolare in favore della protezione dei diritti della famiglia.
Nei lunghi anni della sua attività in quanto organizzazione cattolica di ambito internazionale, l’ICMC, fedele alle finalità per cui è stata istituita, si è distinta per la sua azione concreta e per la competenza professionale del suo personale, intessendo rapporti con diversi organismi e istituzioni di diverso grado. Ne è prova la stima che l’ICMC si è guadagnata da parte della comunità internazionale, collaborando, in coerenza con la sua identità cattolica, con agenzie internazionali ed altre istituzioni governative e non governative a vario livello e in Paesi diversi. A questo riguardo, sottolineo in particolare la capacità, via via acquisita dall’ICMC, di mettere in dialogo tra loro soggetti diversi: i governi e la società civile, le istituzioni umanitarie e quelle preposte alla sicurezza, le organizzazioni cattoliche e quelle appartenenti ad altre denominazioni cristiane o che non s’identificano con un’appartenenza religiosa, ma intendono operare per il bene dei migranti. Per anni, poi, l’ICMC ha coordinato, per incarico dei diversi Governi ospitanti, l’intero processo di partecipazione, a livello mondiale, delle organizzazioni della società civile agli incontri del Forum Globale su Migrazioni e Sviluppo, organizzando, con successo, i Civil Society Days.
Possiamo anche ricordare che l’ICMC ha pubblicato ricerche e guide sulle migrazioni con importanti istituzioni internazionali (UE e Consiglio d’Europa, OIM, UNHCR) e della “società civile”.
È un’esperienza concreta ed esperta di dialogo che, mi auguro, possa continuare ed estendersi, per creare e sostenere quella rete di solidarietà, l’unica che può rispondere alle grandi urgenze attuali e, insieme, garantire l’attuazione delle intese di cui si sente grande necessità a livello internazionale.
Per quanto riguarda la sua materia e le sue finalità, l’ICMC lavora ora in stretto contatto con la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: un lavoro che, sebbene avviato solo da poco più di un anno, ha già dato buoni frutti ed ha messo a disposizione della Sezione tutto il bagaglio di studio e di esperienza acquisito dall’ICMC.
Nello stesso modo, più volte per la sua attività presso gli organismi internazionali, l’ICMC agisce in stretto contatto con la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato e con le Missioni Permanenti della Santa Sede. In particolare, specialmente nell’ultimo biennio e nell’anno corrente, siete anche impegnati ad offrire, in collaborazione con le Missioni Permanenti a New York e a Ginevra, il vostro apprezzato contributo per la preparazione Global Compact su una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare, e del Global Compact sui Rifugiati.
Ci auguriamo davvero che questi due documenti, dei quali sono in corso, rispettivamente i negoziati e le consultazioni, possano realmente rispondere alle necessità di una migliore protezione e di tutela dei diritti umani di queste persone, di fronte alle reticenze, ai ripensamenti ed alle titubanze di vari Stati, portando ad una reale ed equa collaborazione e condivisione a livello internazionale delle responsabilità e degli oneri legati all’accoglienza.
In questi giorni avrete occasione di rivedere il cammino percorso e vi interrogherete su come l’ICMC potrà continuare l’opera per cui è stata fondata, un’opera che abbiamo visto già onorata da un impegno ricco di frutti, che ora chiede di aprirvi ai nuovi orizzonti del servizio ai migranti e ai rifugiati. Questi, come Papa Francesco ci ricorda sempre, non sono numeri: sono persone, donne, uomini, bambini, che hanno un volto, che spesso soffrono e sono scartati. Un volto umano nel quale noi ravvisiamo quello di Cristo, che vogliamo servire specialmente in quelli che sono più piccoli e in necessità.
Una delle finalità per cui è nata l’ICMC è il sostegno alle famiglie migranti, che spesso emigrano alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa, soprattutto per i figli. Tuttavia, molte di queste arrivano nei Paesi d’approdo dopo aver sperimentato nel viaggio violenze ed abusi, e si confrontano poi con nuove esperienze di miseria e con difficoltà prima impensate. La vicinanza della comunità cristiana e l’aiuto concreto e specializzato di organizzazioni come la vostra possono aiutare a mantenere insieme queste famiglie evitando che i figli trovino in reti alternative la risposta alle loro frustrazioni.
Di contro, benché nei Paesi di provenienza dei migranti il progresso sia legato anche al loro apporto economico a livello sociale e familiare, in questi, tuttavia, c’è una dimensione che la Chiesa non può trascurare. È quella dei familiari rimasti in patria, spesso con figli da mantenere, quando uno dei coniugi, o anche entrambi, emigrano, lasciando a casa, ad occuparsene, l’altro, o i nonni anziani, in povertà per i quali non sempre arrivano o sono sufficienti le rimesse. E talvolta il coniuge non torna in patria. Questo è un aspetto delicato della migrazione, purtroppo diffuso, che chiede maggiore attenzione e accompagnamento.
Un altro “fronte” che si presenta all’ICMC a livello globale è quello del rifiuto dell’accoglienza. Nonostante le nazioni, specialmente quelle più progredite dal punto di vista economico, debbano innegabilmente molto del loro sviluppo ai migranti, e benché siano divulgate le loro esperienze – talvolta terribili – che causano la loro migrazione o che essi incontrano nel viaggio, la migrazione è vista oggi solo come emergenza, o pericolo, pur essendo ormai divenuto un elemento caratteristico delle nostre società.
Papa Francesco ci ricorda che “è necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione – che, alla fine, corrisponde proprio alla ‘cultura dello scarto ’ – ad un atteggiamento che abbia alla base la ‘cultura dell’incontro’, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore” (Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2014).
Uno degli impegni difficili che si prospettano più urgenti e richiesti oggi proprio quello di lavorare perché avvenga questo cambio di atteggiamento, abbandonando la cultura dominante “dello scarto” e del rifiuto. Un lavoro d’informazione e di sensibilizzazione nel quale la vostra Commissione può aiutare la Chiesa cattolica a dissipare tanti pregiudizi e paure infondate che riguardano l’accoglienza degli stranieri e – senza nasconderci l’impegno che l’accoglienza richiede sotto molti aspetti – diffondere una percezione equilibrata e positiva della migrazione.
È un lavoro importante, tra l’altro, per la preparazione del Patto Globale sulla migrazione anche nel periodo tra la conclusione dei negoziati intergovernativi e la Conferenza di Marrakech (10-11 dicembre 2018) che dovrà adottarlo: un periodo delicato che occorre accompagnare perché, senza esitazioni, gli Stati membri dell’ONU possano condividerne l’appello con consapevolezza e determinazione.
Agli atteggiamenti di chiusura vediamo, però, contrapporsi positivamente quelli di molti giovani che ritengono la migrazione come una dimensione normale della nostra società, resa interdipendente dai collegamenti veloci, dalle comunicazioni, dalla necessità di rapporti su scala mondiale. Sono dimensioni nelle quali possiamo davvero vedere dei “segni dei tempi” che spingono alla solidarietà su una scala globale.
Dalle vostre variegate esperienze “sul campo” nasce poi un altro speciale contributo, discreto e competente, per creare vie alternative e sicure di migrazione, specialmente ove queste sono forzate da eventi violenti o da disastri. Vi incoraggio a proseguire questo lavoro che, basato sulla vostra competenza, capacità di dialogo e discrezione, costituisce una delle migliori pratiche per salvare vite, evitando i viaggi pericolosi e il ricorso ai trafficanti; per tenere unite le famiglie; per proteggere i minori in necessità; per creare tra i Paesi legami di fiducia reciproca in questo ambito, scongiurando allarmi sociali che hanno anche ripercussioni politiche.
Sono consapevole che quanto ho ora sottolineato riguarda solo alcuni orizzonti, benché pressanti, del vostro lavoro.
Ormai la migrazione è nell’agenda di ogni incontro che ho con Autorità di governo che vengono in Vaticano, o che vado a visitare. Da loro raccolgo di frequente l’apprezzamento ed anche la riconoscenza per il contributo che la Chiesa cattolica, anche tramite le organizzazioni che si ispirano ai suoi principi, offre nei loro Paesi, per consentire, come ci invita Papa Francesco, di “accogliere, proteggere, promuovere, integrare” con senso di responsabilità e di umanità questi fratelli e sorelle migranti e rifugiati.
In continuità con la sua origine, l’ICMC è ora chiamata a rinnovarsi. Questo avviene, logicamente, quando si cambiano i quadri direttivi. Infatti, in questa Assemblea, saranno cambiati i membri del Comitato Direttivo e verrà scelta una persona per il compito – che, ricordiamolo, è anche un servizio – di Presidente. Inoltre, “fortificati in uno spirito di solidarietà profetica”, vi interrogherete anche sulla necessità di un nuovo slancio di impegno in favore dei migranti, non solo nei progetti esterni, ma anche all’interno. In questa dimensione di comunione anche al vostro interno, siete chiamati a rafforzare le strutture e la coesione di quanti lavorano per l’ICMC circa principi, orientamenti e finalità, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, affinché il vostro lavoro non rimanga soltanto in un ambito strettamente umanitario, ma attraverso questo, le persone aiutate percepiscano l’influsso di “testimonianza” che solo un vissuto personale di fede potrà offrire.
È un’unità e comunione che desideriamo possano coinvolgere in questo servizio ecclesiale tutti i membri della Commissione e quanti sono impegnati nella realizzazione delle sue finalità. Auspico, al riguardo, che i miei fratelli Vescovi possano sempre più apprezzare il servizio che offre l’ICMC promuoverla ed aiutarla a crescere secondo la sua fisionomia di istituzione “di Chiesa” e “per la Chiesa”.
Nell’assicurare uno speciale ricordo nella preghiera per voi, per il vostro lavoro e perché la Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni possa continuare e sempre più manifestarsi come segno concreto di fratellanza nel mondo e nella Chiesa, mi piace ricordare quanto Papa Francesco ha detto alla conclusione degli esercizi spirituali, il 23 febbraio scorso: “la Chiesa non è una gabbia per lo Spirito Santo, (…) lo Spirito vola anche fuori e lavora fuori. (…) lavora nei non credenti, nei “pagani”, nelle persone di altre confessioni religiose: è universale, è lo Spirito di Dio, che è per tutti.” A tutti portiamo, allora, attraverso il nostro amore concreto, questo annuncio libero dell’amore di Dio che accoglie, protegge, sa valorizzare e fa sentire parte della Sua famiglia. Dio, che sa ricompensare ogni sforzo, ogni gesto di buona volontà, ci aiuti ad aprirci senza paure e ritrosie ai nuovi appelli dello Spirito, per il bene dei fratelli. Vi auguro, quindi, un buono e fruttuoso lavoro!