Un permesso di 6 mesi ai migranti “invisibili”

Roma – Obi, Antony, Daniel e Cristian ballano uscendo dalla Questura di Frosinone. In mano hanno un foglio che vuole dire speranza. È il documento col quale ritireranno tra oggi e domani il permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi. Mentre viene accelerato l’iter per la richiesta di asilo. «Grazie Dio», quasi cantano. «Grazie perché ci hai ascoltato». «Siamo fortunati, grazie alla provvidenza di Dio». Parole che fanno emergere la grande fede di questi ragazzi nigeriani,  passati in poco più di un mese dalla revoca dell’accoglienza al riconoscimento dei loro diritti. Ringraziano i poliziotti che gentilmente fanno le domande per riempire i moduli. Ringraziano il Ministero dell’Interno che, dopo gli articoli di Avvenire, si è mosso per risolvere una situazione che li aveva fatti finire per strada,  salvati solo dall’intervento di don Onofrio Cannato e della comunità della parrocchia ‘Beata Maria Vergine Refugium Peccatorum’ agli Altipiani di Arcinazzo, paesino di 200 abitanti a 900 metri, tra le montagne del Frusinate. Qui vivevano da otto mesi in un Cas gestito dalla cooperativa ‘Tre Fontane’, assieme ad altri cento richiedenti asilo. All’inizio di gennaio erano scesi per strada protestando per i gravissimi ritardi nelle pratiche per la richiesta di asilo e per le condizioni di vita nel centro, prima un albergo fallito e poi due villette. Per quella protesta erano stati ‘puniti’ in cinque, con la revoca dell’accoglienza, finendo per strada. Ma per fortuna era scattata la solidarietà di don Onofrio, sostenuto dal vescovo di Anagni-Alatri, monsignor Lorenzo Loppa.  Questo Avvenire ha raccontato in due articoli del 21 gennaio e del 13 febbraio. Che hanno messo in moto l’intervento del Viminale, come ci confermano al ministero. «In Questura sono stati gentilissimi – ci spiega don Onofrio –. E hanno assicurato ai ragazzi che saranno chiamati a brevissimo dalla commissione per la richiesta d’asilo.  Pensi che sono appena in due a gestire 3.800 pratiche. Speriamo che ora si pensi anche agli altri». Intanto al Cas la situazione è migliorata, almeno per i bagni, non più uno ogni 12 persone ma uno ogni 5. Ma i migranti non parlano con nessuno, hanno timore. Anche se qualcuno continua a frequentare la parrocchia. «La cosa positiva – riflette ancora don Onofrio – è che abbiamo sollevato le coscienze.  Abbiamo messo in risalto una situazione che nessuno conosceva. E non si tratta solo di qua. Anche a Fiuggi sono stati revocati altri sette richiedenti asilo. Sono stati accolti in case private per non lasciarli per strada. Mi hanno chiamato per chiedere aiuto o almeno informazioni su cosa fare». Gli Altipiani come esempio di accoglienza.  Così ha chiamato la Caritas di Fiuggi perché una famiglia nigeriana,  con una bimba di 10 mesi, sempre agli Altipiani, si trova in una situazione di fame. Il padre aveva un’attività a Subiaco ma ha dovuto chiuderla. E ora si vergogna a chiedere. Temono lo sfratto. «Intanto ho arginato portandogli un po’ di viveri e ho fatto un appello ai parrocchiani. E li affideremo a un avvocato per evitare che siano cacciati». Nei prossimi giorni in parrocchia ci sarà una festa a sorpresa per i giovani migranti. Ma don Onofrio riflette ancora sul ruolo della comunità cristiana. «Sono stanco ma felice, per un obiettivo raggiunto insieme, come cristiani, da voi come giornale fino all’ultimo che si è messo a disposizione per vivere una Quaresima che non si priva ma dona ». Una storia che sta girando al bene. Con forti coincidenze. «Ho riflettuto che per caso ho accolto questi ragazzi nella Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Ora un altro segno nella Quaresima. Dio vorrà dirci altro? Forse meno privazioni e più generosità? Più coraggio? Certo tutto questo ci insegna che quando siamo fedeli al Vangelo possiamo dire davvero ancora tanto e dare ancora tanto». (Antonio Maria Mira – Avvenire)