Palermo – François è un mite signore di mezz’età. La sua storia è un inno alla vita, un esempio di coraggio e di vittoria sulle difficoltà vissute.
Di passaporto camerunense, arriva a Palermo senza nulla, se non la sua fede e il mestiere di sarto, appreso durante gli studi giovanili compiuti a Londra. Nel capoluogo dell’Isola approda in cerca di un’occupazione, ma ad aspettarlo trova solo porte chiuse e tanta indifferenza. Lo accoglie provvidenzialmente la Missione Speranza e Carità, fondata da Biagio Conte all’inizio degli anni ’90: “Quando sono arrivato, nella Missione ho trovato tanti fratelli di diverse etnie e religioni – ricorda -. Ho chiesto a Fratel Biagio cosa potessi fare per rendermi utile. Allora ho iniziato a cucire i vestiti, prima per gli ospiti, poi disegnando il saio dei fratelli missionari”.
Da allora la Provvidenza ha operato prodigi, aprendo le sue braccia per sostenere il cammino della Missione e del sarto camerunense: “All’inizio, quando Fratel Biagio mi ha permesso di realizzare una sartoria all’interno della Missione, utilizzavo solo una piccola macchina da cucire. Poi, grazie a una donazione di privati, la Missione ha ottenuto una macchina da cucire industriale, strumento che mi ha permesso di insegnare il mestiere anche ad altri fratelli”.
Da lì le cose sono molto cambiate per François, i cui abiti sono arrivati anche in Cattedrale, oltre a vestire i frati di un ordine religioso. Un salto di qualità che ha convinto l’artigiano a mettere a disposizione di altri stranieri, desiderosi di imparare un mestiere, la sua esperienza di integrazione. Da qui la costituzione di una cooperativa, l’Associazione Cu.ci.re., che attualmente sta formando quattro giovani migranti, in modo da renderli pronti ad affrontare il mercato del lavoro.
Gli inizi stentati sono un lontano ricordo, ma non hanno sbiadito i sentimenti di gratitudine di François e di migliaia stranieri che in quasi trent’anni hanno trovato in Fratel Biagio e nella sua Missione una roccia di salvezza. Per questo c’era anche l’esperto sarto tra quanti hanno voluto abbracciare e sostenere il missionario laico durante i dieci giorni di digiuno trascorsi in strada, insieme ai senzatetto, per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulla crescente povertà in città. Tra i due un lungo abbraccio e tanta commozione. La speranza è l’abito più bello da cucirsi addosso. (Luca Insalaco)