Sora – La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, celebrata domenica 14 gennaio, ha avuto quest’anno nella diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo una risonanza particolare, perché simbolicamente in tutte le zone pastorali – anche se non in tutte le parrocchie – l’ufficio Migrantes diocesano, guidato da don Akuino Toma Teofilo, Luigi Pietroluongo e Maria Grazia Petricca, ha offerto la testimonianza degli stessi immigrati – per lo più provenienti dall’Africa – che hanno incontrato, al termine della celebrazione eucaristica, alcune comunità parrocchiali di Sora, Cassino, Aquino, Pontecorvo, Cervaro, Arpino, Castelliri, S. Restitura Rosce, Atina Inferiore, San Donato Val Comino, Alvito, Fontechiari, Gallinaro.
La scelta è stata quella di coinvolgere alcune tra le circa 30 cooperative sociali presenti nel territorio diocesano, che si occupano – con progetti finanziati dalla comunità europea – di accogliere e accompagnare molte centinaia di immigrati rifugiati, richiedenti asilo: La speranza, Sole e cuore, La casa di Tom, Chrimar, Associazione Freedom, Integra, Etica, Xenia. L’intento è stato quello di offrire un confronto diretto con i migranti e rifugiati, in vista di conoscere direttamente, anche se in modo parziale, le persone, per tentare di uscire dalla dinamica del sentito dire, che alimenta il pregiudizio e l’ignoranza. Occuparsi di migranti può significare, infatti, per molti soltanto incamerare immagini dalla tv, in occasione degli sbarchi più pericolosi, sentendo distanti le situazioni e le persone.
Quando si ha davanti a sé un ragazzo sui vent’anni, che racconta la sua personale storia, la dimensione comunicativa esce dall’orizzonte piatto in cui siamo abituati a collocare le troppe tragedie del mondo, per fermentare con germogli di umanità che sorprendono. Almeno questa è l’esperienza emotiva di chi ha ascoltato, pensando ad un lontano parente che è stato immigrato a sua volta, o immergendosi nella drammatica vicenda altrui, o ascoltando il grido del Cristo, che emerge dal racconto del fratello. È proprio vero quanto ha affermato papa Francesco: “Non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze. E così, spesso rinunciamo all’incontro con l’altro e alziamo barriere per difenderci”.
Compito della comunità ecclesiale è piuttosto quello di accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati, superando i condizionamenti dovuti alla paura del diverso, dello straniero: cammino impervio, esigente, eppure appassionante e fecondo, per quanti si incamminano coraggiosamente sulla pista che conduce fuori dal proprio mondo, per andare verso gli altri, percepiti e vissuti non come estranei, ma come possibili fratelli.(Suor Antonella Piccirilli)