Ferrara – “Chiediamo al Signore di vincere la paura dell’incontro, ma soprattutto una lettura non cristiana della storia della salvezza, come avvenuto anche in altre stagioni della storia, che dimentica che l’incontro genera vita e che il dialogo chiaro, mite, fiducioso e prudente – come ricordava Paolo VI nell’Ecclesiam suam – costruisce futuro”. A dirlo ieri pomeriggio l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio e già Direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego, durante l’omelia per la celebrazione diocesana della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Per mons. Pergo le “Giornate Mondiali del Migrante e del Rifugiato sono state una ‘chiamata’ a riconoscere e servire il Signore nei profughi e nei rifugiati”. “Una chiamata – ha detto– che si ripete anche oggi e che si declina attorno a una parola: ‘incontro’”. E spiegando i quattro verbi utilizzati da papa Francesco nel Messaggio per questa giornata ha detto che “accogliere significa curare strade legali sicure d’ingresso in un Paese, anche temporanee, anteponendo la sicurezza della persona a quella dei confini degli Stati; proteggere la persona migrante, favorendo la loro libertà di movimento in un Paese, di lavoro, di studio, con una particolare attenzione alla tutela della vita e ai minori non accompagnati; promuovere significa accompagnare le persone perché possano esprimere il meglio di sé, l’inserimento lavorativo, il ricongiungimento familiare, la salute, anche la loro esperienza religiosa; integrare significa impegnarsi per un lavoro interculturale, il dialogo ecumenico e interreligioso, contribuendo a vincere inutili e dannose fobie che vedono il nemico dappertutto e non un ‘fratello’ – come ci ricorda il Concilio Vaticano II nella costituzione ‘Gaudium et spes’ e la dichiarazione ‘Nostra aetate’ – con cui ripensare, ridisegnare le nostre città e costruire una sola famiglia umana”. Quattro verbi-azione che vanno – secondo mons. Perego – declinati, “ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, in famiglia, in parrocchia, in città”.