Roma – “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati”. Questo il tema della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebra domenica prossima. Per il Presidente della Fondazione Migrantes, il vescovo mons. Guerino Di Tora, in questi verbi “c’è la piena intenzione di mettere al primo posto la dignità della persona”. La mobilità di chi cerca sopravvivenza lontano da casa è diventata, spiga al settimanale “RomaSette” un “fenomeno mondiale ed epocale che cambierà la geopolitica internazionale” e si è passati da una fase “emergenziale del problema migratorio” ad una realtà “strutturale”. “Accogliere” per mons. Di Tora non è solo un verbo ma significa tentare di “creare una cultura dell’accoglienza” per realizzare una globalità umana e questo richiede grande «sollecitudine». Solo se si parte dall’accoglienza sarà possibile proteggere il prossimo, difendere i diritti e la dignità di migranti e rifugiati. Una protezione che per il Presidente della Fondazione Migrantes deve necessariamente «partire dalle autorità del Paese di provenienza e poi da quelle dei Paesi accoglienti per prevenire lo sfruttamento, le tratte, lo schiavismo e quanto offende la dignità umana». Per far questo è «fondamentale l’accesso alla giustizia» e il presule ricorda la campagna lanciata dalla CEI “Liberi di partire, liberi di restare” per il sostegno ai migranti nei Paesi di partenza, di transito e di accoglienza «per dare ad ognuno il senso di questa dignità, protezione che riguarda in particolare i minori ai quali bisogna garantire scuola e vaccinazioni». Strettamente legati tra loro anche gli ultimi due verbi contenuti nel messaggio del Papa: “promuovere”, cioè «favorire lo sviluppo umano di migranti e rifugiati, l’integralità della famiglia, lo sviluppo delle competenze, l’inclusione dei minori non accompagnati in programmi previsti per situazioni particolari», e “integrare”, un processo non semplice ma «un’opportunità di crescita per tutti, soprattutto per l’arricchimento delle diverse culture». In questo contesto per mons. Di Tora rientra «il riconoscimento dello “ius soli”, è inimmaginabile avere tra noi persone apolidi. Bisogna dare questo diritto a chi parla la nostra lingua, assume la nostra memoria storica e i nostri valori».