Latina – “Il nostro territorio, sia diocesano che provinciale, è per circa la metà il risultato di ondate cicliche di immigrazione, di differente entità numerica, che durano fino ad oggi”. Lo ha ricordato il vescovo di Latina, mons. Mariano Crociata, nella Messa celebrata ieri in Cattedrale. “Si comincia negli anni trenta del secolo scorso con i veneti e i friulani e poi con gli emiliano-romagnoli – ha proseguito il presule – subito dopo la guerra è la volta dei giuliano- dalmati dell’Istria, a cui risale il Villaggio Trieste, ma anche di popolazione dal Sud della provincia e dal frusinate; negli anni cinquanta e sessanta è la volta di immigrati dalle regioni meridionali, ma anche di quadri e dirigenti dal Settentrione; dagli anni cinquanta a tutti gli ottanta il campo Rossi Longhi accoglie profughi dell’Europa dell’Est, da oltre la cosiddetta Cortina di ferro, e poi anche dall’Estremo Oriente. Al 1970 risale l’ondata di profughi di origine italiana dalla Libia, mentre negli anni Ottanta è la volta dei sikh del Punjab, la cui comunità è diventata la seconda per grandezza in Italia. Quella a cui assistiamo da oltre dieci anni è cronaca di questi giorni. Per qualcuno può non essere facile riconoscerlo, ma la realtà è che qui siamo tutti degli immigrati. Ciò non significa che bisogna accettare passivamente ciò che accade e che non ci vogliano criteri per affrontare le nuove ondate di immigrazione o che le istituzioni abbiano mancato di dare segnali importanti in tal senso. Significa invece che più che chiudere gli occhi e pensare di alzare steccati e di trincerarsi entro recinti di fronte a ciò che avanza, illudendosi di proteggersi dal cambiamento e di trovare così sicurezza, bisogna affrontare la realtà”.