Diocesi di Ragusa accoglie una famiglia di rifugiati

Ragusa – Oggi sono atterrate a Fiumicino il primo gruppo di 25 profughi provenienti dall’Etiopia attraverso il Corridoio Umanitario promosso dalla CEI attraverso Caritas Italiana e Fondazione Migrantes. Tra coloro che giungeranno in Italia anche due famiglie che saranno ospitate dalle Caritas diocesane di Ventimiglia San Remo e di Ragusa nell’ambito del progetto “Protetto. Rifugiato a casa mia”. La Conferenza Episcopale Italiana ha promosso l’apertura di un corridoio umanitario tra l’Etiopia e l’Italia che permetterà l’arrivo, nei prossimi mesi, di 500 profughi eritrei, somali e sud-sudanesi, fuggiti dai loro Paesi per i conflitti in corso e bloccati nei campi profughi del Paese. A siglare il “protocollo tecnico” tre soggetti: la Conferenza Episcopale Italiana (che agirà attraverso la Caritas Italiana e la Fondazione Migrantes), la Comunità di Sant’Egidio e il Governo Italiano. Questo Protocollo consentirà l’ingresso legale e sicuro a donne, uomini e bambini che vivono da anni nei campi profughi etiopici in condizioni di grande precarietà. Nell’ambito del protocollo la Chiesa Italiana si impegna nella realizzazione del progetto di accoglienza facendosene carico interamente senza quindi alcun onere per lo Stato italiano.  Martedì il vescovo di Ragusa, Mons. Carmelo Cuttitta in occasione del II anniversario dell’ingresso come Vescovo della Diocesi di Ragusa ha annunciato alla comunità l’avvio del corridoio umanitario: a Ragusa arriverà una famiglia somala di sette persone (genitori più cinque bambini dai 2 ai 13 anni). Sono una famiglia contadina, di una etnia perseguitata dalle milizie islamiche che reclutava forzatamente gli uomini e violentava le donne, impedendo ai bambini persino di studiare. “Dalle notizie – fa sapere la diocesi siciliana – che ci giungono dal campo profughi sappiamo che una dei loro figli soffre di una grave malattia immunitaria e che sono estremamente poveri, non hanno vestiti, scarpe, valigie e nessun bene di valore. Ad Addis Abeba abitano in una baracca fatta di lamiera e di mattoni di fango, senza bagno, senza acqua potabile”.