Festival della Migrazione: Prodi, serve una nuova via

di Romano Prodi*

Modena – Ritengo che il Festival della Migrazione a Modena sia un’occasione per comprendere il fenomeno della migrazione per ciò che è realmente e possa così contribuire alla costruzione di una nuova consapevolezza, all’interno della società, di un fenomeno ampio e complesso.

È indispensabile che una riflessione su questi temi non rimanga infatti prerogativa di intellettuali o addetti ai lavori. Se si hanno gli occhi aperti sono i dati a parlare da soli. Viceversa osservare i dati con il senso della paura non permette di fare progressi in questo ambito e non aiuta a compiere le scelte necessarie. I dati e i numeri vanno invece osservati dal punto di vista qualitativo e quantitativo. È chiaro che siamo dinanzi a un tema complesso, ma deve essere altrettanto chiaro che è un tema affrontabile con gli strumenti della conoscenza e della razionalità, assieme ai fondamentali princìpi etici.

Questa iniziativa riunisce coloro che hanno una responsabilità educativa e consente di analizzare il problema con la serenità necessaria a fornire soluzioni empiriche, ossia che funzionino nei fatti. La sfida più grande è riuscire a fare in modo che l’impegno degli educatori possa davvero tramutarsi in un messaggio che penetri nella società e si diffonda.

Questo obiettivo rappresenta la sfida più difficile: quando si tratta di migrazione sono tanti coloro che preferiscono non ascoltare e non comprendere, alcuni hanno subìto un danno, altri vivono paure personali a volte causate dalla cattiva gestione del fenomeno. Non si possono trascurare i timori delle persone che si trovano a dover affrontare, talvolta da sole, le conseguenze della migrazione. Proprio per questo l’azione educativa assume un grande rilievo, perché conoscere allontana le paure e crea ponti tra le persone, ponti che costituiscono la necessaria premessa a una convivenza civile, pacifica e rispettosa.

Se ci riferiamo al fenomeno migratorio dall’Africa verso l’Europa, non dobbiamo trascurare che lo squilibrio demografico è un problema serissimo: la pressione africana aumenterà, o quanto meno non diminuirà. Le priorità sono quindi la pace in Libia e un accordo con gli altri governi del continente africano. Il più logico sarebbe, ovviamente, un accordo di tipo europeo. Ma nutro forti dubbi in proposito e non ho un quadro ottimistico: la politica oggi affronta questo tema con una prospettiva di breve periodo che tiene conto più delle proiezioni sugli esiti elettorali che della oggettività del problema. Il fenomeno migratorio in senso restrittivo è sfruttato in tutti Paesi e da tutte le forze politiche.

Un’intesa con i Paesi africani, invece, anche attraverso aiuti reali allo sviluppo, lo vedo realizzabile. Penso a un Piano Marshall per l’Africa, con un accordo possibile tra Unione Europea e Cina: quest’ultima ha bisogno dell’Africa perché ha il 7% delle terre arate e il 20% della popolazione mondiale e dunque necessita di risorse e cibo, ma non mancano difficoltà e tensioni di tipo neocoloniale. I Paesi europei, al tempo stesso, intervengono non di rado singolarmente senza un reale coordinamento. Ma se vogliamo far sì che Africa, Europa e Cina conseguano i loro obiettivi la strada è questa. Per farlo occorrono politici che ci credano, propongano queste idee e le portino avanti.

*presidente onorario Festival Migrazione, Modena