Bolzano: la morte del bimbo iracheno Adan

Bolzano – Per fuggire da Kirkuk, nel Kurdistan iracheno in guerra, due anni fa lo aveva portato a spalle fino in Svezia, dentro uno zainetto artigianale. Ora del figlio disabile Adan, morto a 13 anni l’altro ieri all’ospedale di Bolzano, al padre Hussen Abldum Rahman è rimasto solo una delle ultime foto, in cui appare sereno in carrozzina nonostante la malattia invalidante. Proprio la caduta dalla sedia a rotelle venerdì scorso, mentre lo trasportavano alla mensa della Caritas altoatesina, gli aveva spezzato le gambe, provocando gravi conseguenze nel suo fisico già debilitato.

«Io ora chiedo soltanto un tetto per mia moglie e i miei tre figli. Ed una tomba per Adan», ha detto ieri papà Hussen ai giornalisti che lo informavano sulla solidarietà di tante associazioni e anche dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati: «Un bambino deve essere considerato prima di tutto come un bambino con bisogni specifici – ha dichiarato la portavoce dell’Acnur Stephane Jaquemet –, è una questione morale ancor prima che legale. Negare l’accoglienza a una famiglia con quattro figli minori di cui uno con disabilità è inaccettabile». A Bolzano da ieri mattina anche le autorità locali – dal presidente della Provincia Arno Kompatscher all’assessore competente Martha Stocker – si sono mobilitate per ricostruire una vicenda dai passaggi peraltro già chiari: il primo ottobre, respinti dalla Svezia che non li accoglieva più come profughi, i genitori e i quattro figli curdi scendono dal treno a Bolzano. Dormono la prima notte sotto un ponte, il giorno dopo vengono intercettati dai volontari di Sos Bolzano. Dopo un primo ricovero d’urgenza in ospedale per le condizioni di Adan vengono dimessi. Poi non riescono però ad ottenere protezione dai Servizi Sociali perché – è la spiegazione ufficiale – non ne hanno diritto a seguito della restrittiva ‘Circolare Critelli’, che in virtù di un accordo tra Stato e Provincia autonoma, applicato rigidamente in Questura, non garantisce alcuna forma di assistenza a chi viene da un altro Stato (o da un’altra regione) e non è inviato direttamente dal Ministero. «Questo provvedimento si è sempre rivelato inadeguato – fa notare amaramente il direttore della Caritas Alto Adige, Paolo Valente – perché non prevede fra l’altro il diritto del necessario soccorso a queste famiglie vulnerabili, con figli minori anche disabili. Lo avevamo denunciato un anno fa insieme alle altre associazioni di accoglienza con un’iniziativa simbolica ». A monte dei ritardi nell’accoglienza e quindi alla morte del tredicenne curdo ci sarebbe dunque questa procedura, oggi stigmatizzata da varie forza politiche (come i Verdi altoatesini).

Adan si è trovato sulla strada insieme con la sua famiglia, escluso dalle strutture pubbliche. «Li abbiamo accolti per una notte nella nostra chiesa, come usiamo fare con altri profughi – dice una signora della Comunità evangelica che ha agito d’intesa col pastore Michael Jaeger –, ma anche perché ci è sembrato necessario, normale, davanti ad una famiglia così». Venerdì poi la caduta accidentale e, due giorni dopo, il decesso sul quale ha ha preso posizione anche l’Asgi (l’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione) che invoca l’accertamento delle responsabilità e, alla luce degli accordi europei di Dublino, chiede alla Provincia di Bolzano di ritirare la ‘Circolare Critelli’. (D. Andreatta – Avvenire)