Milano – Tanti volti di giovani residenti da anni in Italia e ancora oggi senza cittadinanza. Il quotidiano “Avvenire” ieri mattina apriva con le foto e un titolo “Tutti italiani non ancora concittadini” ed un editoriale affidato al direttore Marco Tarquinio dal titolo “Diamo una legge a presente e futuro”.
“Chi e perché vuol mettere paura agli italiani? Chi e perché prova in tutti i modi a istillarci l’idea che la nostra civiltà non sia più buona né ‘contagiosa’? Chi e perché vuol farci vivere nella chiusura e nella grettezza, in modo da non generare più figli, né dai nostri lombi né grazie alla nostra cultura e al nostro spirito? Chi vuol convincerci che la cittadinanza sia un immeritato stato di grazia, ereditato come una cosa, e non una conquista e riconquista, fatta di diritti e doveri onorevoli e onorati?”, sono le domande del direttore che sottolinea come “quanti sono nati in Italia o in Italia sono arrivati da bambini e pensano e parlano italiano, coloro che crescono e studiano qui, condividendo la nostra cultura e le nostre regole di cittadinanza, assimilando i nostri costumi, e appartengono a famiglie di origine straniera ma residenti in questo nostro Paese con permesso permanente o di lungo periodo (e, dunque, sono figli di persone che qui lavorano, pagano tasse e contributi, e non hanno guai con la giustizia) non sono candidati all’italianità, sono già italiani. Non si tratta di concedere nulla, e tantomeno di regalare qualcosa. Si tratta di riconoscere per legge una realtà, vera, importante e buona. Si tratta di rendersi conto che mantenere in una sorta di limbo un bel pezzo della generazione dei nostri figli è un atto di cecità e di ingiustizia. E che farlo per presunto calcolo politico-elettorale è una piccineria umana, una miseria morale e, insieme, una scelta pratica imprevidente e imprudente”.
Il quotidiano cattolico da mesi tratta questo tema con le storie di tanti giovani non ancora cittadini italiani. “Mentre tanti politici – e purtroppo anche non pochi (dis)informatori – hanno continuato a diffondere slogan e favole cattive contro i nuovi italiani, noi invece – scrive Tarquinio – abbiamo dato loro volto, pubblicando ogni giorno per due mesi quelle che, in dialogo con alcuni lettori, ho definito ‘parole di carne e sangue, di anima e di cuore, di sudore e di intelligenza’. Non pure opinioni, ma storie di vita. E cioè attese e speranze, fatiche e impacci, traguardi e ricominciamenti di giovani che sono italiani non per tradizione, ma per formazione, per adesione, per maturata convinzione. Persone con radici familiari, culturali e religiose in Asia, in America, in Africa o in altre porzioni d’Europa eppure partecipi della nostra cultura, perché la vivono e le vivono dentro. Non sono tutti uguali, non tutto è sempre lineare nelle loro vicende, non sono perfetti, ma sono persone perbene come, fino a prova contraria, ogni altro figlio di questa terra e della civiltà dell’incontro che la fa speciale da secoli, anche grazie alla sua sinora aperta e salda identità cristiana”.