Aumentano i migranti ambientali

Ginevra – Sono almeno ventuno milioni e mezzo le persone che ogni anno sono costrette a lasciare le proprie case a causa di siccità, tempeste o alluvioni. Se si prende in considerazione solo il 2015, si tratta di un numero quasi raddoppiato rispetto alle persone costrette a fuggire da guerre e violenza. È quanto denunciano le organizzazioni umanitarie e ambientali nel rapporto «Climate Change, Migration and Displacement», pubblicato in occasione della giornata internazionale del rifugiato, indetta dalle Nazioni Unite per commemorare l’approvazione, nel 1951, della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati da parte dell’assemblea generale dell’Onu.

Gli esperti internazionali ricordano che è stata l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) a sviluppare il concetto di “migrazione ambientale”. Il cambiamento climatico porta al degrado ambientale, cui contribuiscono anche altri fattori, come per esempio lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Il degrado ambientale distrugge le basi materiali della sussistenza e sempre più espone le persone colpite al rischio di disastri naturali. «Eventi meteorologici estremi sempre più frequenti — dichiarano le organizzazioni — costringono milioni di persone nei paesi più poveri ad abbandonare le proprie case in cerca di sicurezza».

E i paesi più industrializzati e quelli in via di sviluppo devono lavorare insieme per trovare soluzioni concrete, sia per affrontare direttamente questi fenomeni che per sostenere e proteggere chi non ha altra scelta che lasciare le proprie abitazioni. Tra le cause che portano a conflitti e disastri ci sono l’accaparramento di terra e acqua (land grabbing e water grabbing) i processi di “villaggizzazione” forzata (che negli anni ottanta hanno provocato in Etiopia un milione di morti per carestia) e lo smaltimento intensivo di rifiuti tossici e scorie radioattive da bombardamenti. Il Norwegian Refugee Council spiega che nel corso degli ultimi 8 anni è stato registrato un totale di quasi 204 milioni di spostamenti collegati ai disastri ambientali. L’Asia meridionale e orientale è la zona più colpita.