Tivoli – Nei giorni scorsi, presso la parrocchia Santa Maria Goretti in Villalba, si è tenuto l’annuale incontro del vescovo mons. Mauro Parmeggiani con gli immigrati, organizzato dall’ufficio pastorale Migrantes della diocesi. Erano presenti immigrati ospiti di alcuni centri di accoglienza del territorio, giovani studenti e famiglie di immigrati insieme agli operatori e volontari della Migrantes.
Dopo una preghiera iniziale e i saluti, don Denis Kibangu Malonda, parroco e incaricato diocesano della pastorale Migrantes, ha introdotto l’incontro presentando al pastore la speciale rappresentanza
dei migranti provenienti dall’Africa e dall’Asia. Si è notata anche la presenza di un’équipe pastorale ben consolidata con operatori e volontari impegnati ad accompagnare l’integrazione degli immigrati con un supporto morale e spirituale nelle attività di sportello d’ascolto e orientamento (ogni martedì dalle 10 alle 12), il corso di lingua italiana (ogni mercoledì, sempre dalle 10 alle 12) e le attività interculturali (ogni giovedì dalle 16 alle 18).
Dopo la lettura di alcuni estratti del messaggio di papa Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 15 gennaio 2017, “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”, l’incontro si è prolungato con le testimonianze di alcuni immigrati prima dell’intervento del vescovo. Tutto è avvenuto in un clima di dialogo in cui mons. Parmeggiani si è posto in ascolto per rispondere a domande e infondere coraggio e fiducia affinché anche in quest’ambito non manchi l’apporto della Chiesa tiburtina.
Infatti, fin dall’introduzione sono state sottolineate le spinose problematiche che vivono gli immigrati e in particolar modo i richiedenti asilo: le loro sofferenze vissute nelle terre di origine con guerre, persecuzioni religiose, carestie e povertà nonché i traumi subiti durante i viaggi i quali si possono definire come vera e propria lotta tra la vita e la morte. Questa sofferenza si legge con chiarezza sui loro volti e si prolunga ancora nella permanenza in questa terra che è stata la meta della speranza del loro migrare poiché a loro volta gli immigrati si sentono poco graditi e non sempre accolti. Il disagio si sperimenta ancora nei riguardi del futuro che appare senza la certezza di una vita dignitosa. Diverse domande rimangono: che sarà di noi domani? Che faremo? L’incubo di essere rimandati indietro, il permesso di soggiorno, ma ancora prima, l’acquisizione della lingua italiana, fondamentale per esprimersi, intendersi e potersi inserire nel mondo del lavoro al fine di integrarsi nel tempo con la cultura e la società di accoglienza. Questa realtà non può lasciare nessuno indifferente e richiede una sensibilità da parte di tutti e, come dice anche papa Francesco, bisogna «assicurare interventi tempestivi e capillari». Così il vescovo nel suo intervento ha riconosciuto l’urgenza e la necessità di costituire una rete più appropriata di servizi rivolta all’accoglienza, per accompagnare un sano processo di integrazione di questi fratelli e sorelle bisognosi di trovare nelle nostre comunità una testimonianza sempre più credibile dell’amore di Cristo di cui la Chiesa è espressione. Promuovere la scolarizzazione e la formazione professionale per rendere possibile l’inserimento lavorativo è la priorità. Il lavoro dà dignità alla vita umana e in ultimo deve essere questo l’obiettivo del nostro aiuto agli immigrati. La presenza di essi può essere una risorsa in questo senso come è stato finora con la realtà delle badanti nelle nostre famiglie. A conclusione dell’incontro il vescovo ha impartito la benedizione. L’agape seguita non poteva che essere una piacevole cena multietnica.