Nozze: gioia condivisa con gli stranieri

Napoli – Solidarietà e accoglienza: il matrimonio di Marco e Nunzia è diventato il simbolo della quotidianità di un quartiere napoletano, l’Arenaccia, cerniera tra la periferia est e il centro città. Un quartiere, racconta il parroco, don Enzo Marzocchi, «sensibile verso i tanti immigrati che vivono qui». Nella chiesa del Santissimo Crocifisso e Santa Rita ad essere testimoni dell’amore di Marco e Nunzia, insieme a parenti e amici, c’erano infatti senegalesi, ivoriani, nordafricani, bengalesi. Musulmani e cattolici accomunati dalla voglia di porgere gli auguri ai due ragazzi e di dare un segnale concreto di dialogo ed umanità. Una cerimonia multietnica e multiculturale per lanciare un segnale contro le divisioni, l’indifferenza, la diffidenza e per dimostrare che è tutto il quartiere ad accogliere e a convivere con chi viene da lontano, a cercare strade per l’integrazione. «C’è una particolare accoglienza – conferma don Enzo –. Forse non tutti, ma moltissimi coinvolgono questi nostri fratelli».

Marco d’Avanzo, 27 anni, e Nunzia Ricigliano, 23 anni, stanno insieme da 8 anni e hanno voluto condividere anche con i migranti la gioia del loro matrimonio. Don Enzo ha ricordato a tutti le nozze di Cana di Galilea: «Gesù, che compì in quella occasione il suo primo miracolo fu invitato al matrimonio con tutti i suoi discepoli. Il matrimonio è un evento sociale, oltre che sacramentale, che coinvolge tutti, i vicini di casa, le persone con le quali si condivide la vita di tutti i giorni». Il papà di Nunzia, Antonio, ha voluto che fossero presenti anche i suoi colleghi per condividere con loro la gioia del matrimonio della figlia. Antonio lavora come ambulante nella zona di Piazza Garibaldi. Conosce tanti ragazzi, prevalentemente africani, che vendono lì la propria mercanzia. Sa bene quanto dura sia la loro vita e quanti sacrifici sopportino. «Mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto che partecipassero alle nozze anche loro ed ho detto sì», dice Nunzia. L’iniziativa poi si è allargata ed è cresciuta, perché il papà è anche un’attivista dell’associazione “3 Febbraio”, che da tempo in città sostiene i migranti nelle loro rivendicazioni e si sforza di garantire loro un sostegno. (Valeria Chianese)