Milano – Aveva solo 21 anni. Era partito dalla Sierra Leone e come molti altri suoi compagni di viaggio, sognava l’Europa. Gli hanno sparato alle spalle. Si era rifiutato di consegnare il suo cappellino da baseball al trafficante impegnato a traghettare il carico umano su uno dei tanti gommoni bianchi in partenza dalle coste della Libia. I soccorritori del Moas lo hanno trovato così. Un corpo senza vita sul fondo del gommone, col fratello accanto a vigilare, ancora in lacrime. La salma è arrivata sabato mattina a Catania, sbarcata assieme a altri 394 migranti dalla nave Phoenix. Tra polemiche, accuse e proteste, le Ong continuano a salvare vite in mare. Anche sabato, come venerdì, 3mila persone soccorse. In tutto oltre 6mila in meno di 48 ore. In prima linea le navi Ong: la Aquarius di Sos Méditerranée, la Prudence di Medici senza Frontiere e la Vos Hestia di Save the Children, Sea Watch e Openarms. Ma anche rimorchiatori e mercantili, navi della Guardia costiera e della marina italiana. «Non abbiamo mai avuto un carico umano così alto da quando siamo in acqua» racconta Giovanna Di Benedetto, portavoce per il sud della Ong da anni in difesa dei più piccoli. Sono oltre 500 le persone a bordo della nave Vos Hestia di Save the children che è arrivata ieri a Vibo Valentia. È come un bollettino di guerra, il report degli sbarchi previsti e diffuso dalla Guardia costiera. Il copione è sempre lo stesso: scaricano i migranti soccorsi e ripartono per la zona Sar ( Search and rescue, ricerca e soccorso) davanti alle coste libiche. In acque internazionali, sottolineano le Ong, dopo le polemiche e le accuse di una certa politica scaturite dalle indagini in corso dalla Procura di Catania e di Trapani. Inchieste in corso sul traffico di essere umani nel Mediterraneo anche a Siracusa e Palermo. «Non ho ricevuto telefonate da scafisti, odiamo i trafficanti di persone » ha ribadito Regina Catrambone, fondatrice insieme al marito della Ong maltese Moas, dal molo di Catania, durante lo sbarco dei migranti soccorsi in mare. «Noi abbiamo iniziato la nostra attività nel 2014 per colmare un vuoto – ricostruisce Regina Catrambone – e non capisco perché questa accuse arrivano proprio ora ». E sull’ipotesi di un ‘accreditamento’ delle ong che operano in mare, annuncia che Moas «sta cercando di aprire una sede in Italia, a Roma». «Basta fango e sciacallaggio mediatici, se qualcuno ha commesso errori, si lavori, si indaghi » invita la donna esausta da settimane di accuse. Anche Ruben Neugebauer, portavoce della ong tedesca Sea Watch è esasperato dalla ‘criminalizzazione’ dei soccorsi in mare. «L’Unione europea abbandona i migranti. Siamo in mare, abbiamo 274 persone a bordo e ancora diversi salvataggi in corso – racconta – ma intorno a noi non c’è nessuna nave europea». Per mettere a tacere tutte le polemiche e le accuse, anche la ong tedesca nei prossimi giorni sarà in audizione in commissione Senato. Probabilmente il prossimo 18 maggio. «Non siamo ancora andati perché non abbiamo mai formalmente ricevuto una convocazione» conferma. «Hey, Frontex – tweettano intanto dalla nave – in una giornata come oggi, con 1.600 persone da salvare lasciate a @MSF_Sea @openarms_ fund e @seawatchcrew, dove sono le 11 navi europee?». Daniela Fassini – Avvenire)