Roma – Dopo l’approvazione del 29 marzo del provvedimento relativo alle misure di protezione dei minori stranieri che introduce il divieto assoluto di respingimento del minore non accompagnato, è ritornato all’ordine del giorno della I Commissione del Senato il disegno di legge sulla riforma del diritto di cittadinanza degli stranieri nati e cresciuti in Italia. Il progetto (n. 2092), già approvata alla Camera nell’ottobre del 2015, è infatti fermo a Palazzo Madama da oltre un anno.
Il principio caratterizzante che dovrebbe costituire la nuova disciplina di acquisizione della cittadinanza degli stranieri in Italia è chiamato Ius Soli temperato.
Normalmente gli ordinamenti giuridici di matrice europeistica fanno leva su due distinti criteri con cui attribuire e riconoscere la cittadinanza e i diritti ad essa ricollegati ad un individuo: lo ius sanguinis e lo ius soli. Il primo significa letteralmente “diritto di sangue”, e fa sì che la cittadinanza sia ereditata automaticamente da chi nasca da genitori già provvisti di cittadinanza italiana, essendo sufficiente anche quella di uno solo dei due. Il secondo, invece, significa “diritto di terra”, e attribuisce la cittadinanza a tutti i soggetti nati sul territorio italiano indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.
La proposta di legge ha ad oggetto un criterio originale, in quanto vorrebbe conferire il diritto di cittadinanza a tutti gli individui nati sul territorio dello Sato italiano, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori. Tuttavia, si vorrebbe corredare suddetto metodo di acquisizione di altri requisiti. In particolare, viene preso in considerazione anche il luogo di crescita, e uno dei due genitori dovrà avere un permesso di soggiorno permanente, testimoniato da un inserimento lavorativo, e deve sussistere la volontà dello stesso a che il figlio acquisisca cittadinanza italiana.
Alcune disposizioni, poi, riguardano i minori nati fuori dall’Italia, ma arrivati entro il dodicesimo anno d’età: per loro, la cittadinanza può essere chiesta anche dopo la frequenza con successo di almeno cinque anni di scuola. Grossa novità invece, per lo straniero entrato in Italia prima del diciottesimo anno di età: se residente legalmente per almeno sei anni in Italia, può ottenere la cittadinanza anche dopo aver conseguito un titolo di studio, avvalendosi in questo caso del c.d.“Ius culturae”, nell’intento di valorizzazione l’integrazione culturale tra i popoli.
Ad oggi, in Italia, la cittadinanza è acquisibile generalmente mediante lo ius sanguinis, dunque per discendenza. Tuttavia, sono previste altre modalità con cui viene stemperato il rigore del principio cardine, acquisendola automaticamente secondo lo ius soli per i nati in Italia da genitori apolidi ovvero da genitori noti il cui ordinamento giuridico di origine non contempla lo ius sanguinis; per aver prestato servizio militare di leva o servizio civile; su domanda, per essere residenti ininterrottamente in Italia per 10 anni (4 anni per cittadini dell’UE); per elezione se si nasce in Italia da genitori stranieri e ci si risiede legalmente ed ininterrottamente fino ai 18 anni; la dichiarazione deve essere fatta entro un anno dal raggiungimento della maggiore età; per naturalizzazione, dopo dieci anni di residenza legale in Italia, in assenza di precedenti penali e in presenza di adeguate risorse economiche; il termine è più breve per ex cittadini italiani e loro immediati discendenti (ius sanguinis), stranieri nati in Italia (ius soli), cittadini di altri paesi dell’Unione europea, rifugiati e apolidi; per matrimonio con un cittadino italiano, dopo due anni di residenza legale in Italia o dopo tre anni di matrimonio se residenti all’estero (termini ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi), a condizione di assenza di precedenti penali ; su domanda, per essere nati in territori già italiani; su domanda, per essere nati in territori già appartenenti al disciolto Impero austro-ungarico. (A.P.)