Tijuana – L’arcidiocesi di Tijuana, che si trova al confine tra Messico e Stati Uniti (appena al di là della frontiera c’è la californiana San Diego) ha fatto sentire tutta la sua vicinanza ai migranti nel momento in cui da parte statunitense viene confermata la volontà di alzare muri. La tradizionale Marcia per la vita promossa dalla chiesa locale quest’anno ha voluto essere anche e soprattutto una marcia per i migranti, iniziata proprio con una preghiera davanti al muro frontaliero di confine, che a Tijuana esiste già da parecchi anni. Proprio sul muro l’arcivescovo di Tijuana, monsignor Francisco Moreno Barrón – riferisce l’agenzia Sir – ha voluto inserire i segni della croce e della corona di spine. “Un gesto che parla da solo”, ha detto; “vogliamo farci presenti a tutti i nostri fratelli migranti, non solo a quelli che passano per questa frontiera. Tutta la comunità umana è una sola famiglia, uscita dalle mani di Dio per amore. Siamo chiamati a vivere nell’amore come una sola famiglia. Purtroppo, per l’egoismo che è presente nel mondo e negli animi umani si sono sollevati muri, non solo in passato, ma anche nel presente, muri che pretendono di dividerci, mettere distanza e a volte anche metterci contro”, quando invece abbiamo bisogno “di ponti che ci aiutino a costruire la fraternità, per poter vivere in pace e si realizzi il sogno di Dio per i suoi figli, che vivano uniti nell’amore”. Ha proseguito l’arcivescovo: “Siamo coscienti che siamo un’arcidiocesi ‘migrante’. Il segno di stare qui davanti al muro è molto importante. Chiediamo a Dio di proteggere i nostri fratelli migranti”. La Marcia per la vita e per i migranti è poi proseguita con una processione e con la santa messa.