L’iniziativa straordinaria della Cei “Liberi di partire, liberi di restare” – ha spiegato il porporato entrando nel dettaglio – punta a “costruire un ponte tra le nostre Chiese e, in particolare, quelle dell’Africa e ha per beneficiari principali i migranti minorenni”. Un progetto che prevede un impegno complessivo di 30 milioni di euro, tratti anche in questo caso dai fondi 8xmille. Con i corridoi umanitari della Cei si accompagneranno, per un “adeguato processo di integrazione e inclusione profughi che arriveranno in Italia. Infine un impegno concreto vede la presenza “operosa della Chiesa”, in collaborazione con le Autorità locali competenti. Parrocchie, Istituti religiosi, associazioni e gruppi, Caritas diocesane e Uffici Migrantes: “ogni risorsa è in campo nell’ottica dell’accoglienza sempre necessaria, ma anche nell’intento di integrare coloro che mostrano nei fatti di volerlo, di partecipare attivamente ai percorsi previsti, di imparare la lingua, di conoscere il nostro Paese e la sua cultura, di cominciare ad amarlo come il proprio, operando per il bene comune”. Per il card. Bagnasco a sua volta l’Unione Europea “deve uscire dai propri ambienti chiusi, e arrivare idealmente fino alle nostre coste; deve farsi più responsabile e meno giudicante”. Il presidente dei vescovi italiani ha ricordato la celebrazione, dei prossimi giorni, del 60° anniversario dell’inizio dell’Unione Europea. “Come Pastori di questo Paese – ha detto – che fu uno dei fondatori, siamo lieti e preghiamo perché il cammino intrapreso non solo prosegua e si allarghi, ma in primo luogo migliori. A fronte della Brexit e di altri movimenti populisti, noi crediamo che l’Unione sia un percorso necessario per il bene del Continente. Pertanto c’è ancora più bisogno d’Europa, ma ad una condizione: che l’Europa non diventi altro rispetto a se stessa, alle sue origini giudaico-cristiane, alla sua storia, alla sua identità continentale, alla sua pluralità di tradizioni e culture, ai suoi valori, alla sua missione. L’Unione non è fatta dai Capi di Stato, ma dai popoli degli Stati membri, ed è ai popoli che bisogna pensare con stima e rispetto senza imporsi. Accelerare i processi non può significare l’omologazione di culture e tradizioni, e neppure la ricerca di compromessi al ribasso, né aggirare le dichiarazioni e le leggi comuni. E neppure limitare le sovranità nazionali. I Capi degli Stati e dei Governi sanno che essi sono delegati dei loro popoli e che nelle decisioni comuni devono tener conto delle loro Nazioni”.
In questo cammino la Chiesa è “presente” con le sue comunità e i suoi Pastori, “in sinergia con le Chiese e le comunità cristiane del Continente” ed ha ricordato i recenti incontri a Mosca con il Patriarca Kirill e a Istanbul con il Patriarca Ecumenico Bartolomeo: “a fronte del secolarismo che si insinua ovunque, abbiamo condiviso la convinzione che i cristiani siano interpellati ad annunciare nuovamente il Signore Gesù, Redentore del mondo, epifania del Padre, splendente icona dell’uomo. Essendo il Cristianesimo la religione del Logos fatto carne, crediamo nel valore della ragione umana, strumento di dialogo tra le culture, e accettiamo la fatica di pensare la fede per comunicare con tutti, e partecipare alla costruzione di un Continente che promuova la vita in ogni sua fase e la famiglia come la cellula portante; un Continente che non abbia timore della religione, e riconosca la libertà religiosa come il fondamento più alto e la garanzia più sicura della dignità di ogni uomo”. (Raffaele Iaria)