Roma – “Il problema non è l’utilizzo degli animali (altrimenti si dovrebbero vietare pali, gare ippiche e sport vari, concorsi, per non parlare di zoo, acquari, ecc.) ma di precise norme che garantiscano il loro benessere. Il Circo italiano chiede che il Governo ed il Parlamento si facciano carico con organicità del suo futuro”. E’ quanto afferma oggi il presidente dell’Ente Nazionale Circo (ENC) a poche ore dall’audizione davanti alla 7^ Commissione del Senato, impegnata nella elaborazione del Ddl 2287-bis (Codice dello spettacolo) che investe direttamente il settore del Circo. L’incontro avviene anche a 24 ore da “una nuova, entusiasmante accoglienza” riservata al Circo da Papa Francesco in occasione della udienza del mercoledì: “Continuate a fare bellezza perché fate bene a tutti noi”, ha detto loro il papa. Il mondo del Circo – si legge in una nota di Buccioni – si trova a fare i conti col “progressivo svuotamento del contratto che lo Stato italiano ha definito con l’arte circense nel 1968 con la legge n.337, assumendosi precisi impegni, anche finanziari, a tutela e sviluppo di una funzione che è parte integrante della nostra cultura. Ad oggi la maggioranza delle città italiane, compresi i principali capoluoghi, non hanno aree attrezzate per ospitare i circhi. Hanno influito, in tutto ciò, anche le martellanti – e spesso violente – campagne di pressione e disinformazione svolte dalle associazioni animaliste, che se non hanno attecchito sul pubblico, hanno invece gettato discredito sul Circo”. I circhi – si legge nella nota – sono per loro natura “senza patria”, “non sottostanno alle logiche politiche del do ut des, ricevono dallo stato contributi irrisori, con percentuali da prefisso telefonico. Alle imprese del circo (che gestiscono oggi in Italia non più di 1500 animali, in buona parte non esotici) deve essere riconosciuta pari dignità delle altre forme di spettacolo, assicurando la autonoma creatività degli operatori nella ideazione degli spettacoli e nella utilizzazione degli interpreti: artisti e animali. Deve essere chiaro – dice Buccioni – che il futuro del Circo in Italia non può essere scritto sotto dettatura del lobbismo animalista e contro una comunità circense che, direttamente e indirettamente, coinvolge circa 10 mila addetti, un centinaio di complessi e una storia secolare che ha informato di sé il cinema, l’arte, la letteratura. L’Italia non può permettersi di perdere questo patrimonio, anche per le tante conseguenze disastrose che ne deriverebbero in termini occupazionali, di integrazione sociale, di elementare riconoscimento della identità della gente del viaggio, che verrebbe a trovarsi emarginata e criminalizzata”. Il tempi segnati da “odi” e “muri”, conclude, il Circo “concreta la più pacifica, multietnica e multiculturale coesistenza fra popoli, religioni, culture, abitudini alimentari”.


