Accordo Italia-Libia: Mons. Perego (Migrantes), “muro” che potrebbe portare a “nuove rotte ancora più pericolose”

Roma – L’accordo firmato tra il governo italiano e quello libico di al-Serraj “di fatto crea un muro alla partenza dei migranti dalla Libia all’Europa”. Ma concretamente “potrebbe spostare il traffico di esseri umani da Tripoli a Bengasi, in un contesto che è governato da altre forze politiche. E quindi da questo punto di vista temo che l’accordo non avrà nessuna efficacia in ordine alle partenze, che tra l’altro oggi avvengono anche a Ovest, dall’Atlantico”. A parlare all’Agenzia Sir all’indomani del “pieno sostegno” all’accordo da parte del Consiglio Ue a Malta è monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes. Perego osserva che “in Libia mancano realisticamente le condizioni per poter accogliere i migranti in un contesto di tutela dei loro diritti”, come pure non vi sono “le condizioni minimali per creare effettivamente le possibilità di un rimpatrio verso i Paesi di provenienza”. Il rischio, quindi, che il direttore della Migrantes paventa è la nascita di “nuove rotte, ancora più pericolose, con una crescita dei morti”.

Il plauso del Consiglio Ue all’accordo sottoscritto tra l’Italia e la Libia “dimostra il fallimento della ricollocazione tra i Paesi europei dei migranti che giungevano sulle nostre coste”, sostiene monsignor Perego vedendo in esso una “fotocopia” dell’accordo a suo tempo firmato tra Berlusconi e Gheddafi, “tra l’altro in una situazione ulteriormente peggiorata, con una Libia divisa, con due governi, con ancora maggiore instabilità e con la stessa condizione di mancanza dei diritti, e nello specifico del diritto fondamentale d’asilo”. “Speriamo – auspica Perego – che questo accordo possa essere rivisto, prevedendo ciò che è veramente necessario oggi: vie legali d’ingresso nel continente europeo, rafforzamento della tutela da subito, rimpatrio assistito e, al tempo stesso, quel ‘Piano Marshall’ annunciato più volte, che possa portare a condizioni accettabili di vita sociale, educativa, scolastica e sanitaria nei Paesi di partenza, oltre alla cessazione di quelle guerre che, in diversi Paesi africani, costringono alla fuga milioni di persone”.