Palermo: presentato il Rapporto Protezione Internazionale

Palermo –  E’ stato presentato a Palermo il Terzo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2016. A livello mondiale, nel 2015, circa 34mila persone al giorno sono state costrette a fuggire dalle loro case per l’acuirsi di conflitti e situazioni di crisi, ovvero una media di 24 persone al minuto: si sono così contati, nel 2015,  oltre 65 milioni migranti forzati nel mondo, di cui 21,3 milioni di rifugiati, 40,8 milioni di sfollati interni e 3,2 milioni di richiedenti asilo. Si trovano in regioni in via di sviluppo i Paesi che accolgono il maggior numero di rifugiati a livello mondiale. La Turchia si conferma il Paese che ospita il maggior numero di rifugiati con 2,5 milioni di persone accolte, rispetto agli 1,6 milioni dello scorso anno.
In Europa, nel 2015, sono state presentate 1.393.350 domande di protezione internazionale: un valore più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. La Germania, con 476.620 domande presentate (pari al 36% delle istanze in UE) si conferma il primo paese per richieste di protezione internazionale, seguita da Ungheria, Svezia, Austria e Italia. Questi primi cinque paesi raccolgono il 74,8% delle domande presentate nell’Unione Europea. Alla fine di ottobre 2016 si contano 4.899 persone che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa, di queste 3.654 nel Mar Mediterraneo. Sempre alla fine di ottobre 2016, sono arrivate in Italia 159.432 persone (+13% rispetto all’anno precedente), fra cui 19.429 minori non accompagnati (12,1%); alla stessa data in Italia 171.938 persone accolte in diverse strutture di accoglienza (CARA, CDA, CPSA, CAS, SPRAR).
Questo in estrema sintesi il quadro generale che ci restituisce il Terzo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2016 presentato a Palermo presso l’Aula Magna “V. Li Donni” del Dipartimento Scienze Economiche Aziendali Statistiche Viale delle Scienze e realizzato dagli Uffici diocesani per la pastorale delle Migrazioni, della Carità e dei Problemi sociali, Lavoro, Giustizia e Pace.
Cristina Molfetta, redattrice del Rapporto per la Migrantes, ha presentato i dati del Rapporto sulla protezione internazionale 2016, evidenziando numeri e aspetti nuovi delle migrazioni forzate a livello nazionale, europeo, internazionale. Commentando i dati ha sottolineato come purtroppo sia evidente la crescita del numero delle accoglienze in strutture precarie e straordinarie (oltre il 300% in tre anni), mentre il numero delle persone richiedenti asilo e rifugiati negli SPRAR è aumentata solo del 20%: dati che chiedono di continuare un impegno di accoglienza diffusa e organica sul territorio nazionale, a tutela di un diritto fondamentale, quale è l’asilo.
Anche la situazione dei minori non accompagnati, quasi raddoppiati nel 2016  rispetto al 2015 – ha proseguito Cristina Molfetta – vede ancora un’accoglienza in strutture straordinarie (12.000 su 14.000), inoltre concentrata sia nelle strutture straordinarie che negli SPRAR per i minori soprattutto in Sicilia (ad esempio, 10 volte più che in Veneto e 5 volte più che in Lombardia) e in Calabria, con la crescita anche del numero degli irreperibili (almeno 8.000 nel 2016): un tema che chiede urgentemente  l’approvazione definitiva e l’entrata in vigore della legge Zampa-Pollastrini.
“I numeri presentati – ha sottolineato il direttore dell’ Ufficio Pastorale dell’Arcidiocesi di Palermo don Carmelo Torcivia – evidenziano quanto sia sempre più urgente l’attuazione un sistema di accoglienza organizzato, sostenibile e radicato sul territorio, per rispondere in modo efficace e proporzionato alla crescita della domanda di protezione internazionale nel nostro Paese.
“Bisogna– ha proseguito Torcivia – andare nella direzione del rafforzamento e dell’aumento del numero dei Comuni che aderiscono allo Sprar, l’unico sistema che garantisce una gestione pienamente trasparente delle misure di accoglienza, una diffusione delle strutture che rispetti criteri di proporzionalità con la popolazione residente, e la costruzione di percorsi di condivisione con la cittadinanza e il mondo del terzo settore qualificato, tutti elementi imprescindibili per vincere la partita dell’accoglienza. Per la Chiesa, soprattutto i minori, “vulnerabili e senza voce”, come il papa ci ha ricordato il 15 gennaio scorso in occasione della Giornata Mondiale del migrante, sono oggi la più forte provocazione a ripensare non solo il welfare e la democrazia ma anche la nostra vita ecclesiale, all’insegna della cura responsabile. A partire dal quadro europeo e nazionale è stata presentata la situazione siciliana.
Al 31 dicembre 2015 i migranti complessivamente presenti nelle varie strutture di accoglienza sono oltre 114.400 (+64% rispetto allo stesso periodo del 2014). Nel dettaglio:
  • nelle strutture temporanee CARA/CDA/CPSA gli immigrati accolti erano 7.394,
  • nei centri di accoglienza straordinaria (CAS) 76.683
  • e nei centri SPRAR oltre 30.300.
    “La Sicilia – ha affermato don Sergio Natoli dell’Ufficio Migrantes – ha un ruolo importante nell’accoglienza allo sbarco ed inoltre si caratterizza rispetto al resto d’Italia per un elevato numero di migranti residenti nelle strutture temporanee (CARA/CDA/CPSA) pari al 45,8% del totale e nei centri SPRAR, 20,1%, subito dopo il Lazio con il 22,4% delle presenze”.
    Rispetto ai 76.683 migranti accolti nei CAS, la quota maggiore è ospitata in strutture della Lombardia (16,3%), Veneto (9,9%), Piemonte (9,1%) e Campania (9%). Se al 30 giugno 2016 risultavano presenti nelle diverse strutture 135.045 migranti (96.701 nelle strutture temporanee, 14.848 nei centri di prima accoglienza e hotspot e 23.496 nei centri SPRAR) a fine ottobre 2016 gli accolti nelle diverse strutture erano 171.938 migranti, di cui 133.727 nelle strutture temporanee (pari al 77,7% del totale), 14.015 (8,1%) nei centri di prima accoglienza, 1.225 (0,7%) negli hotspot e 22.971 (13,3%) nei centri SPRAR.
    Le problematiche legate allo sbarco, all’accoglienza post-sbarco ed alla presenza dei minori rappresentano perciò – ha detto Alfonso Cinquemani – il banco di prova della Sicilia rispetto al complesso fenomeno dei migranti forzati. Qui bisogna subito enfatizzare il ruolo del sistema SPRAR nell’accoglienza, la situazione delicata degli Hotspot e quella altrettanto difficile della gestione dei minori.
    “Il continuo arrivo in Italia di minori stranieri soli, per i quali occorre attivare subito validi percorsi di accoglienza, costituisce – ha proseguito Laura Purpura – una sfida per le istituzioni, per gli operatori, per le strutture residenziali, per i soggetti del privato sociale, per i singoli e le famiglie. L’accoglienza dei MSNA dentro strutture di I o II livello, se pure costituisce una necessaria risposta alle esigenze del minore, potrebbe preludere, se il ragazzo lo desidera, ad una esperienza di tipo familiare, quale l’affido. Anche papa Francesco, qualche mese fa, ha lanciato un appello all’accoglienza dei migranti all’interno di comunità religiose e famiglie. Una famiglia affidataria consente al minore di sperimentare relazioni affettive ed educative che una struttura difficilmente può fornire, nel rispetto dei suoi legami familiari e della sua cultura di appartenenza. L’affido dei MSNA è una sfida impegnativa, perché riguarda spesso adolescenti con un vissuto di sofferenza e sottoposti a notevoli cambiamenti culturali, ma può facilitare il processo di crescita di questi ragazzi e il loro percorso di integrazione”.
    Un compito importante è poi quello di preservare dalla malattia un patrimonio di salute psico-fisica che all’inizio risulta essere integro. Da questo punto di vista importante è stato il ruolo della ASP di Palermo (Palermo e Lampedusa) “nell’accoglienza iniziale (sbarchi) e nell’assistenza post-sbarco nei centri di prima accoglienza per adulti e minori, mediante triage e assistenza medica allo sbarco,  monitoraggio dei centri, realizzazione del libretto sanitario personale, invio dei medici di continuità assistenziale con cadenza settimanale nei centri e coinvolgimento dei PPI nell’assistenza – ha affermato Ornella Dino -. Particolare impegno è poi stato dedicato ai minori non accompagnati, tema rilevante e particolarmente critico per ragioni che investono sia l’ospitalità che la definizione dello stato giuridico (tutele, permessi di soggiorno, determinazione dell’età, progetto educativo personalizzato. Tutte questioni che se non risolti possono danneggiare la salute mentale di questi ragazzi”. Quello del disagio mentale, legato al vissuto ma, anche, indotto dallo stato di invisibilità nei centri, è stato trattato ampiamente nel rapporto che ha voluto mappare le risposte che in varie parti d’Italia sono state messe in atto. Tra le varie esperienze, quella palermitana del Servizio di Etnopsicologia del Policlinico di Palermo, si caratterizza per un’azione metodologica integrata tra psicologia e antropologia, con importanti risultati soprattutto nel campo della prevenzione del danno psichico.
    “E’ importante – ha sottolineato Maria Chiara Monti – porre attenzione sui minori stranieri non accompagnati, quali soggetti vulnerabili, sottolineando che un’efficace presa in carico psicologica transita attraverso la conoscenza specifica delle realtà di provenienza di questi ragazzi: es. i bambini talibé del Senegal, i bambini shegué del Congo o le bambine devadasi dell’India”. La raccomandazioni del Rapporto 2016 – hanno concluso Mario Affronti, direttore dell’Ufficio Migrantes regionale, Sergio Mattaliano e Giuseppe Notarstefano – riguardano innanzitutto le problematiche presenti alle frontiere mediante un approccio orientato alla tutela dei diritti umani.  Il difficile obiettivo di armonizzare le attività di controllo alle frontiere con le garanzie di protezione, deve sempre e comunque essere ispirato alla tutela dei diritti umani. Nessuna situazione di emergenza potrà mai giustificare un approccio diverso da quello orientato verso la tutela dei diritti delle persone. Nello specifico si raccomanda: ��che l’Unione Europea ottemperi ai suoi obblighi internazionali per la protezione dei diritti umani alle sue frontiere esterne, sostenendo e rafforzando sempre più le operazioni di ricerca e salvataggio; ��che venga impedita la restrizione della libertà di movimento e rispettato il diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, anche attraverso un rapido accesso ai documenti di identità e di viaggio; ��che vengano ampliati i canali umanitari di ingresso in Europa anche attraverso il rilascio di visti da richiedere alle ambasciate dei Paesi di transito ed origine; ��che venga implementata al più presto da tutti gli Stati membri la previsione di distribuire i richiedenti la protezione internazionale giunti in Europa attraverso quote in grado di rispondere all’effettivo bisogno; ��che si lavori ad una revisione del Regolamento di Dublino volta innanzitutto all’eliminazione del riferimento al paese di primo ingresso; ��che vengano attivati presso tutti i valichi di frontiera e le aree di ingresso o di transito servizi di assistenza e orientamento in favore di cittadini stranieri intenzionati a richiedere protezione internazionale; ��che l’Ue monitori gli accordi bilaterali fra gli Stati membri e i paesi di origine dei migranti e dei richiedenti la protezione internazionale. A livello nazionale ci deve essere, poi, la definitiva implementazione di un sistema unico di accoglienza attraverso la fattiva collaborazione degli enti locali e con il prezioso contributo del terzo settore. Nella ricomposizione di un sistema unico, è necessario dunque che medesime linee guida e identici standard – nonché puntuali e stringenti controlli sull’utilizzo dei fondi – disciplinino comunemente tutte le misure di accoglienza e gli interventi adottati. Nello specifico si raccomanda: ��la piena messa in atto della cd. Filiera dell’accoglienza così come definita nel decreto legislativo 142/2015 (questa prima parte in grassetto) con particolare riferimento all’attivazione di hub di prima accoglienza sia per gli adulti, sia per i minori stranieri non accompagnati; ��la piena applicazione della direttiva del Ministro dell’Interno dell’11 ottobre 2016, “Regole per l’avvio di un sistema di ripartizione graduale e sostenibile dei richiedenti asilo e dei rifugiati sul territorio nazionale attraverso lo SPRAR”; ��l’adozione di standard predefiniti in ogni contesto di accoglienza, strutturale o straordinario; ��la predisposizione di programmi di formazione e aggiornamento rivolti sia a forze dell’ordine che ad operatori dell’accoglienza; ��il disegno di legge sulle “misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” prosegua il suo iter al Senato, dopo l’approvazione alla Camera il 26 ottobre 2016; ��modalità comuni di monitoraggio e di valutazione degli interventi in tutti i contesti di accoglienza, che consentano di verificare l’efficienza e l’efficacia degli interventi adottati.
    Le politiche e le strategie, infine, devono mirare all’inserimento socio-economico. L’idea che l’accoglienza possa essere di per sé l’unica risposta ad ogni esigenza e bisogno delle persone rischia di rappresentare un limite. Durante il periodo di accoglienza, dunque, è necessario mettere gli ospiti in condizione di acquisire strumenti che possano consentire loro di sentirsi padroni della propria vita e di agire autonomamente, una volta usciti dai programmi di assistenza. Nello specifico si raccomanda: ��politiche e programmi specifici, a livello nazionale e regionale, volti a facilitare l’inserimento socio-economico-abitativo di titolari di protezione internazionale e umanitaria, adottando una loro equiparazione alle categorie in Italia maggiormente svantaggiate; ��il rafforzamento delle azioni di accompagnamento ai percorsi di inclusione sociale durante il periodo di accoglienza; ��l’avvio di progetti di volontariato, come da circolare inviata dal Ministero dell’Interno alle prefetture nel 2014, al fine di stringere accordi con gli enti locali per favorire lo svolgimento di attività di volontario, da parte dei richiedenti la protezione internazionale ospiti nei centri di accoglienza; �� l’inserimento lavorativo delle persone in modo legale e professionale, evitando che necessariamente vadano incontro a sfruttamento e a condizioni di vita e di lavoro aberranti. La cura dell’informazione sul tema delle migrazioni forzate È necessario, anche in collaborazione con l’Associazione Carta di Roma, favorire la formazione degli operatori della comunicazione e un’informazione corretta, diffusa e puntuale sui nuovi fenomeni delle migrazioni forzate, così che non si creino i presupposti per una lettura ideologica nell’opinione pubblica foriera talvolta di contrapposizioni e conflittualità sociali.
    La Chiesa palermitana ha particolarmente a cuore questo pezzo di umanità sofferente, “carne di Cristo”, come ama ripetere il suo pastore mons. Corrado Lorefice, volto vero ed autentico del Dio cristiano, banco di prova di ogni comunità religiosa che trova se stessa solo nel prendersi cura “dei minori perché sono tre volte indifesi: perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari” (Messaggio di Papa Francesco, Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 15 gennaio 2017), perché nella chiesa nessuno “è straniero né ospite ma siamo tutti concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio”  (M.A.)