Firenze – «È dovere della comunità internazionale e delle organizzazioni sovranazionali porre in atto quanto necessario al fine di assicurare la dignità della vita di ogni uomo e donna sulla terra, indipendentemente dal territorio di provenienza, dalla etnia, dalla religione e dall’appartenenza culturale». È quanto ha affermato ieri l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato.
Nell’omelia che ha pronunciato nel corso della celebrazione eucaristica presieduta nella chiesa della Sacra Famiglia, il card. Betori ha ricordato che «un devastante incendio ha portato alla morte un profugo, un uomo proveniente dalla Somalia che, pur avendo visto riconosciuto il suo status giuridico di rifugiato, non aveva trovato un inserimento degno nella nostra società fino a restarne ai margini, in un alloggio di fortuna in cui ha trovato la morte». «Il percorso dell’accoglienza – ha ammonito l’arcivescovo – non ha trovato per lui, come per tanti altri, quella continuità e quella ragionevole concretezza che sole avrebbero permesso il rispetto della sua dignità umana».
«Ne piangiamo la scomparsa, sentiamo di dover essere vicini ai familiari per il cui ricongiungimento Alì Muse ha perduto la vita, chiediamo che la società individui forme efficaci perché chi fugge da guerre e persecuzioni si veda riconosciuto un asilo, così come prevede il diritto internazionale, e abbia concrete possibilità di futuro per sé e per i suoi», ha proseguito Betori, sottolineando che «tale percorso va assicurato a tutti coloro che ne hanno diritto, con attento esame delle singole situazioni ed evitando di cadere in balia di strumentalizzazioni».
«Sentiamoci impegnati tutti nell’offrire alla società una testimonianza di comunione nella diversità di etnie e culture che convivono nella medesima Chiesa e di cura dei più deboli con spirito di generosa accoglienza». È l’esortazione espressa dall’arcivescovo di Firenze. Nell’omelia, il card. Betori ha sottolineato che «indigenza, scarsa alfabetizzazione, ignoranza delle leggi e della cultura possono creare servitù fisiche e psicologiche, fino allo sfruttamento e a molteplici forme di schiavitù». Per questo «occorre collaborazione tra gli stessi migranti e le comunità che li accolgono», ha osservato l’arcivescovo, secondo cui «va favorita l’integrazione, promuovendo l’inserimento sociale da una parte e programmi di rimpatrio sicuro e assistito dall’altra». «Ciò implica, soprattutto verso i minori, gestione dei flussi migratori, regolarizzazione delle posizioni personali, cooperazione tra Paesi d’origine e di accoglienza», ha proseguito Betori, evidenziando che vanno assunte «decisioni e azioni atte a rimuovere le cause dei conflitti e quelle delle povertà endemiche» e capaci «di garantire a ciascuno percorsi concreti per accompagnarlo verso condizioni migliori di vita». «A ciascuno di noi è chiesto di non voltarsi dall’altra parte, di non chiudersi nell’egoismo», ha ammonito il cardinale, sottolineando che «non c’è qualcuno che ci è più prossimo: siamo noi a doverci far prossimi a tutti». Betori ha voluto anche «esprimere gratitudine per il generoso servizio di organismi ecclesiali e della società civile, nonché delle istituzioni e di tanti volontari» impegnati «per offrire aiuto e vicinanza concreta a poveri ed emarginati, non solo immigrati, nelle nostre città». «Si individuino condizioni e norme perché la loro azione possa svolgersi in modo efficace e capace di dare risposte adeguate alle necessità», l’auspicio del cardinale.