Roma – “Da quando c’è l’otto per mille, la Chiesa italiana, euro più euro meno, destina almeno tra gli 80 e i 155 milioni di euro all’anno per progetti in aiuto di quelle terre da dove provengono i nostri immigrati”. Con queste parole monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, ha commentato la firma del protocollo d’intesa siglato oggi al Viminale per l’apertura di un corridoio umanitario con l’Etiopia per i profughi provenienti da Eritrea e Somalia.
“La Chiesa italiana alle parole fa precedere e fa seguire i fatti”, ha spiegato il vescovo, esprimendo “gratitudine” nei confronti del governo e della Comunità di Sant’Egidio “perché insieme non dico che scriviamo una pagina nuova – si tratta di un’esperienza che è stata già fatta – ma di sicuro, con questa firma, diamo un impulso molto più ampio in tutti i sensi e a tutti i livelli perché si capisca che un fenomeno complesso come l’immigrazione non può essere lasciato in mano a coloro che semplificano”.
“Dove ci sono volti, problemi, ma anche attese e speranze – ha ammonito Galantino – non si può lasciare il tema dell’immigrazione in mano soltanto ad alcuni che tendono a sottolineare il drammatico che esiste”. “Dall’immigrazione vengono problemi, ma anche stimoli positivi”, ha sottolineato infatti il segretario generale della CEI, secondo il quale i corridoi umanitari “sono una risposta non diretta, ma direttissima, a coloro i quali dicono: ‘aiutiamoli dove stanno’”. L’impegno della Chiesa italiana sul versante dell’immigrazione, ha ricordato Galantino, “non è una novità di oggi: già prima dell’otto per mille c’erano i nostri missionari, e prima che si aprissero i corridoi umanitari già arrivavano gli immigrati, ad esempio negli ospedali, e venivano già aiutati”. Iniziative come quella di oggi, ha sottolineato Galantino, “sono rese possibili grazie all’otto per mille che la gente, grazie a Dio, continua a dare alla Chiesa italiana”.
In materia di immigrazione – ha poi aggiunto il Segretario generale della CEI – “lavoriamo insieme con il governo e a fianco delle istituzioni”: “non vogliamo essere un’altra cosa rispetto alle istituzioni ma metterci a fianco di esse e guardare nella stessa direzione: guardare le storie dei migranti e ipotizzare risposte concrete”.
“Far seguire i fatti alle parole”, per la Chiesa italiana, ha ribadito il segretario generale, significa “dire sì in maniera chiara ai corridoi umanitari, che permettono di strappare alla morte tantissime persone e di farle arrivare legalmente a destinazione”


