Migranti: già sei morti e dispersi

Milano – Sono già sei i migranti che hanno perso la vita nel 2017. Il macabro conteggio che riparte col nuovo anno (dopo quello orribile con oltre 5mila morti nel 2016) viene registrato da don Mosè Zerai, meglio conosciuto come l’Angelo dei migranti, fondatore e presidente dell’ong Habeshia per l’integrazione degli immigrati provenienti dal Corno d’Africa.

Oltre ai 5 annegati nel naufragio di un gommone a poche miglia al largo di Tripoli, lo scorso 4 gennaio, c’è anche un bimbo siriano di 7 anni, fra i primi morti dell’anno. «Il bambino malato – spiega il cappellano degli eritrei in Svizzera – è stato respinto da ben quattro ospedali ad Antalya, nel sud-est della Turchia». Ma le vittime in mare potrebbero essere molte di più. «La Guardia Costiera libica, oltre alle cinque salme, ha recuperato 65 naufraghi – aggiunge don Zerai – ma, tenendo conto che su ciascun battello vengono in genere costretti a salire dai trafficanti non meno di 100-110 migranti, c’è da temere che ci siano dai 30 ai 40 dispersi».

Sempre quel giorno, un’altra tragedia è stata scongiurata in tempo grazie al tempestivo intervento della nave Aquarius di Sos Mediterranee e Msf che è riuscita a salvare 145 donne e uomini su un altro gommone ormai semi-affondato. «Inclusi questi 145 naufraghi, nei primi sette giorni del 2017 sono arrivati in Italia quasi 600 profughi » prosegue il conteggio. I flussi dall’Africa verso l’Italia non si sono interrotti neanche con il sopraggiungere del maltempo. «Tutti contavano che l’inverno avrebbe fatto diminuire le partenze, ma non è stato così – conferma Yohan Mucherie, il coordinatore dell’equipe di ricerca di Sos Mediterranee:– L’anno è appena iniziato, siamo nel pieno dell’inverno e noi di Sos Mediterranee come altre Ong stiamo soccorrendo centinaia di persone lasciate alla deriva in mare, su battelli di fortuna, dopo essere fuggite da condizioni di vita inumane ». Nel Mediterraneo, anche col nuovo anno, continua la grave situazione d’emergenza. «È l’ennesimo grido d’allarme – conclude don Zerai – ma la risposta europea resta quella di chiudere gli occhi e alzare barriere». (D.Fas. – Avvenire)