Card. Bagnasco “l’integrazione non è assimilazione ma conoscenza vicendevole”

Genova –  “L’integrazione non è assimilazione” e con una corretta integrazione “non si creano le riserve ma nasce un popolo”. Ad affermarlo il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, nell’omelia pronunciata ieri pomeriggio, nella cattedrale di San Lorenzo, in occasione della Messa celebrata per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. “Cari amici – ha detto il porporato, riferisce l’agenzia SIR,  parlando ai membri delle comunità cristiane cattoliche straniere presenti a Genova – venite da lontano, avete lasciato le vostre terre per cercare un domani migliore, a volte alcuni di voi spinti da circostanze di violenza, di povertà economica, di guerra”. Inoltre, “quando si vedono le condizioni con le quali molti giungono ai nostri lidi, i sacrifici non di rado anche a rischio della vita, allora noi comprendiamo meglio le vostre pene e le vostre speranze”. Ai presenti ha quindi ricordato che “l’integrazione non è assimilazione ma è conoscenza vicendevole, apprezzamento del bene, rispetto sincero e solidarietà crescente”. In questo modo, ha proseguito, “non si creano delle riserve ma nasce un popolo” che “non è un insieme indistinto di persone in competizione ma una comunità di vita e di destino”. “E questo – ha proseguito – noi lo crediamo è possibile, con l’aiuto di Dio e se ognuno di noi mette in gioco se stesso”. In tal senso, ha aggiunto, “sappiamo quanto le comunità etniche in questo siano determinanti non solo per una convivenza esterna pacifica rispettosa ma anche per un camminare insieme”.

“Come Chiesa – ha detto il porporato –  cerchiamo di esservi vicini, come meglio possiamo. Cerchiamo di offrirvi, non solo primi momenti di accoglienza e di ristoro per voi, e in modo particolare per i rifugiati, ma anche dei percorsi di integrazione, nel reciproco rispetto delle tradizioni e culture, unendo le forze al fine di assicurare a tutti il bene della sicurezza che è condizione di pace e di benessere”.

Alla fine della Messa il cardinale si è rivolto ai migranti pregandoli di “contagiarci con la vostra fede, con il vostro fervore, la devozione per la quale non avete complessi di inferiorità come noi occidentali abbiamo, credendo di essere più intelligenti e colti, mentre siamo solo più lontani dalla verità dell’uomo”. “Contagiateci con il vostro fervore e con la vostra devozione – ha aggiunto – continuate a non avere vergogna e tanto meno timore di partecipare alla vita della comunità cristiana memori ed ancorati alle vostre radici. Questo non significa isolarvi dalla comunità che vi ha accolto ma significa arricchire la nostra comunità italiana e genovese”. “Noi cerchiamo di starvi accanto in tanti modi, sempre migliorabili, e vogliamo farlo, ma voi donateci la vostra ricchezza di devozione e di fervore religioso di fede semplice ma non superficiale perché solo i semplici sanno essere profondi, gli acculturati lo credono ma in realtà vivono di mode”.