Roma – Dalla guerra al palcoscenico, per riscattarsi dalla vita e per ricominciarne una nuova. I migranti ospiti del centro di accoglienza di Polcanto in Mugello, gestito dalla cooperativa Il Cenacolo, hanno partecipato ad un progetto teatrale che è diventato molto più di uno spettacolo. Si chiama Parembolè, nato un anno fa da un’idea della regista Ilaria Cristini, e che ora prosegue con il Laboratorio Nove House. Parembolè in greco antico significa accampamento. Nei momenti di interruzione di una battaglia i soldati si accampavano, in attesa di riprendere i loro scontri. Si tratta quindi di un termine che si riferisce anche a un momento di pausa, di tregua, di sospensione. Un titolo, Parembolè, che racconta come l’accampamento è oggi simbolo del problema dei rifugiati, di fronte al quale il mondo occidentale sembra aver sospeso il proprio giudizio, interrompendo l’applicazione dei fondamentali diritti umani. “Anche noi costruiremo un accampamento, ma per una battaglia culturale anziché di guerra, per sconfiggere la paura della diversità ed accettarla invece come una risorsa e un’integrazione alla propria dimensione sociale”, dicono i promotori sulla loro pagina Facebook. Dei dieci ragazzi che hanno partecipato al progetto, due profughi scappati dalla dittatura del Gambia si sono distinti per il loro talento e oggi, grazie ad una borsa di studio possono partecipare a un corso di teatro e a giugno saranno in scena con gli altri attori per il saggio finale al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino.