Sydney – Nei giorni scorsi si è tenuta a Sydney la conferenza dal titolo “A Fair Go: Rights at Work for Migrants, Refugees and Asylum Seekers”, che ha voluto approfondire la tematica dei diritti (sul posto di lavoro) dei lavoratori migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo. L’evento è stato organizzato dall’associazione Settlement Services International di Sydney e ha visto la partecipazione di Michele Grigoletti dell’equipe “Australia Solo Andata” che ha presentato il trailer del video reportage “88 giorni nelle farm australiane” e lo studio-ricerca “Giovani Italiani in Australia: un viaggio da temporaneo a permanente” (Tau Editrice, 2016) sulla recente migrazione di giovani italiani in Australia. Video e ricerca sono il risultato di due anni di studio promossi da Fondazione Migrantes, l’organismo pastorale della CEI, sensibile alla tematica della migrazione italiana nel mondo.
Tra i relatori, oltre a Michele Grigoletti di “Australia Solo Andata”, hanno partecipato Nicola Piper Professor di International Migration all’Università di Sydney dove è anche direttrice del Sydney Asia Pacific Migration Centre; Mel Gatfield segretaria di United Voice, sindacato il cui scopo è quello di ottenere migliori condizioni di lavoro; Jenny Stanger National Manager di Salvos The Freedom Partnership to End Modern Slavery, che affronta le varie forme di schiavitù in Australia. La serata è stata moderata dalla giornalista Anna Patty del Sydney Morning Herald.
I relatori hanno risposto alle domande: “Che cosa si può fare per migliorare la conoscenza dei diritti dei lavoratori stranieri in Australia? Cosa deve essere fatto con i datori di lavoro? Che ruolo possono svolgere le organizzazioni di migranti nell’ottenere condizioni più eque sul posto di lavoro?”. Recenti articoli di stampa in Australia hanno evidenziato come i lavoratori migranti siano altamente vulnerabili sul posto di lavoro: salari bassi, salari non pagati, condizioni di lavoro non sicure, casi di sfruttamento e abusi non sono rari, questo capita nei lavori agricoli nei piccoli paesi di campagna sia nel settore della ristorazione delle grandi metropoli australiane.
La situazione dei “temporary workers” ovvero dei lavoratori temporanei è sempre più sotto i riflettori dell’opinione pubblica e questo è dovuto al costante flusso di giovani stranieri che continuano ad arrivare in Australia spesso nella speranza di ottenere una residenza permanente. È utile ricordare una distorsione delle politiche migratorie australiane che da un lato ha generato una migrazione temporanea senza limiti al numero di individui a cui è consentito di entrare in Australia, dall’altro ha limitato i posti disponibili annualmente per residenze permanenti. Oggi in Australia ci sono 1,5 milioni di residenti temporanei, ma solo 190 mila posizioni disponibili per nuovi residenti permanenti e questo sbilanciamento ha creato una situazione spesso favorevole ai datori di lavoro che trovano un’enorme disponibilità di manodopera a basso costo.
Nel capitolo intitolato “Il lavoro nero nella ristorazione” all’interno della ricerca “Giovani Italiani in Australia: un viaggio da temporaneo a permanente”, gli autori Michele Grigoletti, Silvia Pianelli e Alessandro Giuliano, analizzano la situazione di molti studenti italiani in Australia che trovano difficile potersi mantenere in modo autonomo e indipendente con il limite di ore lavorative imposto dal visto studente (40 ore ogni 2 settimane). Per questo molti giovani trovano nel lavoro in nero l’unica strada per ovviare al problema economico, esponendosi a condizioni di lavoro che, anche se non vengono sempre percepite come situazioni di sfruttamento e di lavoro sottopagato, di fatto privano il lavoratore di ogni diritto. Lavorare in nero è spesso considerato dai giovani stessi una sorta di passaggio normale, quasi obbligatorio, che si inserisce all’interno di un percorso migratorio. Il ruolo degli organi governativi sia in Italia che in Australia, delle istituzioni quali Comites e delle associazioni d’emigrazione è quello di fornire non solo un aiuto pratico ai nuovi migranti ma di fornire in maniera strutturata e corretta informazioni precise prima e dopo la partenza, a questo si aggiunge il ruolo fondamentale degli studiosi che con ricerche specifiche portano alla luce un mondo sommerso poco conosciuto. Molto deve essere ancora fatto per i giovani italiani in Australia, alla cui situazione di temporaneità si aggiunge spesso l’inaspettata precarietà lavorativa legata alla mancanza di conoscenza dei propri diritti.