Bruxelles – Salvare Schengen. Per Bruxelles e per la nuova presidenza olandese dell’Ue la “missione” per i prossimi sei mesi è questa. Una missione difficile, ha ammesso il premier olandese Mark Rutte, di fronte a quella che ha definito «una delle più gravi sfide della storia dell’Ue». «Dobbiamo salvare Schengen, è un dovere collettivo – ha detto il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, nella conferenza stampa ad Amsterdam per l’avvio del semestre olandese – non si può andare avanti con questo processo con ogni giorno un nuovo stato membro che reintroduce i controlli di frontiera». Parole pronunciate proprio nel giorno in cui la Svezia ha annunciato il prolungamento all’8 febbraio dei controlli alle frontiere, incassando però la «comprensione» di Juncker, visto «il peso enorme» sopportato.
«Non abbiamo tempo da perdere» ha detto Rutte. La primissima priorità è chiara: «dobbiamo ridurre in modo considerevole i flussi di migranti che giungono in Europa» ha sottolineato il premier. Le altre due priorità della presidenza olandese sono, ha detto Rutte, «far funzionare lo schema di redistribuzione (dei richiedenti asilo n.d.r.)» nonché «garantire che ogni paese faccia la sua parte in termini di accoglienza». Il premier sa che sarà arduo tenere insieme un’Unione sempre più divisa, ma insiste che «nessun paese può risolvere questi problemi da solo. Per esser forte, l’Europa dovrà essere unita». «Schengen – avvertiva intanto da Berlino il cancelliere Angela Merkel – può funzionare solo se vi è una responsabilità congiunta per accogliere i profughi e una responsabilità congiunta per proteggere le frontiere esterne».
«Reinsediamenti (di rifugiati da fuori Ue, n.d.r.), ridistribuzione e protezione delle frontiere vanno assieme – ha detto per parte sua Juncker – ho fiducia che nel 2016 faremo dei buoni progressi». Intanto però il premier slovacco Robert Fico ha fatto sapere che la Slovacchia non accoglierà profughi musulmani, «non vogliamo che accada da noi quello che è successo a Colonia», ha detto.
Un passaggio cruciale per arginare i flussi è l’accordo Ue-Turchia raggiunto in autunno. E infatti il primo vice presidente della Commissione Frans Timmermans ha annunciato un viaggio ad Ankara, domenica. «Nelle ultime settimane – ha lamentato – le cifre (di migranti giunti in Grecia attraverso la Turchia n.d.r.) sono rimaste piuttosto elevate. Abbiamo visto primi risultati incoraggianti, ma siamo ancora lontani dall’esser soddisfatti». Secondo l’Onu, in effetti, la scorsa settimana si registrava ancora una media di 3.005 ingressi in Grecia, grosso modo quanto a dicembre – e nonostante l’inverno che di solito argina i flussi. La cosa preoccupa moltissimo la Germania, prima iniziatrice dell’accordo, non a caso prima di Ankara Timmermans sarà a Berlino. Si tratterà però, ha detto il vice presidente, anche di «individuare in una fase molto preliminare chi abbia diritto alla protezione internazionale e chi invece no, per un rimpatrio veloce». Bruxelles preme però anche per la sua proposta, avanzata a dicembre, di squadre di guardie di frontiera Ue a sostegno dei paesi per le frontiere esterne. «Dobbiamo riportare Schengen alla sua origine – ha avvertito Juncker – e per farlo occorre questo strumento», che «è una priorità». Il Consiglio Europeo di dicembre ha sostenuto l’idea, ma resta controversa la possibilità di dispiegare squadre Ue ai confini esterni anche contro la volontà dello stato interessato. (Giovanni Maria Del Re – Avvenire)
«Non abbiamo tempo da perdere» ha detto Rutte. La primissima priorità è chiara: «dobbiamo ridurre in modo considerevole i flussi di migranti che giungono in Europa» ha sottolineato il premier. Le altre due priorità della presidenza olandese sono, ha detto Rutte, «far funzionare lo schema di redistribuzione (dei richiedenti asilo n.d.r.)» nonché «garantire che ogni paese faccia la sua parte in termini di accoglienza». Il premier sa che sarà arduo tenere insieme un’Unione sempre più divisa, ma insiste che «nessun paese può risolvere questi problemi da solo. Per esser forte, l’Europa dovrà essere unita». «Schengen – avvertiva intanto da Berlino il cancelliere Angela Merkel – può funzionare solo se vi è una responsabilità congiunta per accogliere i profughi e una responsabilità congiunta per proteggere le frontiere esterne».
«Reinsediamenti (di rifugiati da fuori Ue, n.d.r.), ridistribuzione e protezione delle frontiere vanno assieme – ha detto per parte sua Juncker – ho fiducia che nel 2016 faremo dei buoni progressi». Intanto però il premier slovacco Robert Fico ha fatto sapere che la Slovacchia non accoglierà profughi musulmani, «non vogliamo che accada da noi quello che è successo a Colonia», ha detto.
Un passaggio cruciale per arginare i flussi è l’accordo Ue-Turchia raggiunto in autunno. E infatti il primo vice presidente della Commissione Frans Timmermans ha annunciato un viaggio ad Ankara, domenica. «Nelle ultime settimane – ha lamentato – le cifre (di migranti giunti in Grecia attraverso la Turchia n.d.r.) sono rimaste piuttosto elevate. Abbiamo visto primi risultati incoraggianti, ma siamo ancora lontani dall’esser soddisfatti». Secondo l’Onu, in effetti, la scorsa settimana si registrava ancora una media di 3.005 ingressi in Grecia, grosso modo quanto a dicembre – e nonostante l’inverno che di solito argina i flussi. La cosa preoccupa moltissimo la Germania, prima iniziatrice dell’accordo, non a caso prima di Ankara Timmermans sarà a Berlino. Si tratterà però, ha detto il vice presidente, anche di «individuare in una fase molto preliminare chi abbia diritto alla protezione internazionale e chi invece no, per un rimpatrio veloce». Bruxelles preme però anche per la sua proposta, avanzata a dicembre, di squadre di guardie di frontiera Ue a sostegno dei paesi per le frontiere esterne. «Dobbiamo riportare Schengen alla sua origine – ha avvertito Juncker – e per farlo occorre questo strumento», che «è una priorità». Il Consiglio Europeo di dicembre ha sostenuto l’idea, ma resta controversa la possibilità di dispiegare squadre Ue ai confini esterni anche contro la volontà dello stato interessato. (Giovanni Maria Del Re – Avvenire)