Mons. Moraglia: l’accoglienza è un imperativo

Venezia – “Non possiamo davvero chiudere il cuore”. L’accoglienza è “un imperativo. Le notizie drammatiche di chi ha trovato la morte durante la traversata in mare o nascosto all’interno di un tir – ma chissà quante altre morti a noi rimangono ignote – ci consegnano la disperazione di tante persone e tanti popoli. E ci fanno capire che tali vicende non sono l’emergenza di un “momento”, ma una tendenza destinata ad accompagnarci per anni”. A dirlo è stato ieri il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, auspicando in una nota nuove leggi ma anche chiedendo ai parroci e alle comunità “uno speciale, concreto e intelligente ‘scatto’ di sensibilità e generosità”. Per il patriarca “urge un nuovo strumento legislativo in grado di rispondere alle dimensioni epocali assunte dal fenomeno migratorio. La memoria storica delle antiche responsabilità coloniali e post-coloniali ci deve rendere ancor più partecipi del presente travagliato e del futuro incerto di tanti nostri fratelli”. Richiamando l’impegno delle strutture caritative e di volontariato, ecclesiali e non, il patriarca ricorda la mensa-dormitorio Papa Francesco di Marghera e chiede, “in vista di un’accoglienza che sia anche integrazione”, di dare vicinanza e sostegno a profughi e migranti “accompagnandoli nelle procedure” per richiedere visite e documenti, offrendo loro corsi di lingua italiana e l’opportunità di svolgere “piccoli servizi a favore della comunità locale, occupando in modo socialmente utile il non poco tempo disponibile”. Favorire “gesti semplici di accoglienza e di autentica prossimità è modo semplice ed efficace per scacciare paure, talvolta forzosamente indotte, per allontanare sentimenti di ostilità, per prevenire e sconfiggere conflitti e tensioni”. Dal patriarca il ringraziamento a chi è già impegnato nelle strutture e nei servizi esistenti e l’incoraggiamento ad altri ad unirsi a quest’azione. “È un passo concreto per generare cultura di solidarietà e integrazione, venendo incontro a uomini, donne e bambini disperati”. “Chiedo – conclude – alle differenti componenti della nostra Chiesa di cogliere il senso del momento presente che ci interpella e domanda saggezza e dedizione, nello spirito cristiano di una gratuità e di un servizio che non solo aiuta e soccorre ma ci rigenera come comunità che, particolarmente, riconosce nel fratello sofferente il segno della presenza di Cristo”.