Palermo: preghiera interreligiosa sul molo per le centinaia di morti che cercavano una vita migliore

Palermo – Una flotta di barchette di carta colorate agganciate una a una a un grande lenzuolo nero come il colore del Mediterraneo diventato mare di morte. Davanti all’ingresso del porto di Palermo,

attraverso cui da mesi passano i pullman carichi di migranti sbarcati sul molo Puntone, da lunedì sera c’è questo monito visivo, costruito con gesti e testimonianze da uomini, donne, bambini, cristiani, musulmani, ebrei, non credenti, durante un intenso momento di preghiera interreligiosa e riflessione, perché i 98 corpi di migranti senza vita accolti a Palermo in questi mesi e le centinaia di altre vittime inghiottite dalle acque sono “sangue nostro”. Chiedono l’apertura di canali umanitari il cartello di associazioni e l’amministrazione comunale: sono presenti il sindaco Leoluca Orlando e la sua giunta, i rappresentanti della Consulta delle Culture, della diocesi di Palermo e di molte parrocchie vicine al porto, della Caritas, della Famiglia Missionaria Comboniana, dell’Ufficio diocesano Migrantes, del Forum antirazzista, di Borderline Sicilia, dell’Osservatorio Noureddine Adnane, dei Salesiani di Santa Chiara, del Ciss, dell’Ufficio Missionario, di Diritti e Frontiere, della Comunità di Sant’Egidio. Il comboniano padre Domenico Guarino, che ha coordinato l’incontro, ricorda le 98 persone arrivate al porto di Palermo morte, le tre ragazze nigeriane vittime della tratta uccise, una bambina. L’imam Abdelhafid Kheid, rappresentante della comunità islamica siciliana, ringrazia Palermo e la Sicilia e cita papa Francesco per queste morti che sono “una spina nel cuore che ci mette tutti davanti alla nostra coscienza. Abbiamo chiesto al Presidente della Regione di realizzare un cimitero per i morti del mare”. E don Sergio Mattaliano, direttore della Caritas di Palermo, stigmatizza la “strumentalizzazione del fenomeno migratorio, perché tutti hanno il diritto di vivere e realizzare la vita dove vogliono. Dobbiamo gridarlo al mondo”. (Alessandra Turrisi)