Con il Papa dai desaparecidos ai giostrai di Ostia

Roma – «Santo Padre, la aspettiamo al Luna Park». Il primo invito a visitare il ‘popolo delle giostre’ di Ostia – 28 famiglie che vivono grazie al piccolo parco di divertimenti – glielo aveva rivolto all’uscita della cappella di Santa Marta, il 20 aprile 2013. Da poco più di un mese, il cardinale Jorge Mario Bergoglio era diventato papa Francesco. E Geneviève Jeanningros, piccola sorella di Gesù, una vita spesa per portare il Vangelo nel mondo delle giostre, era stata invitata a partecipare alla Messa quotidiana celebrata dal Pontefice. Finalmente gli occhi azzurri della religiosa potevano fissare il viso dell’uomo le cui parole, anni prima, l’avevano tanto commossa.

«Mia zia era Léonie Duquet, una delle due ‘suore francesi’ sequestrate e fatte scomparire dai militari durante la dittatura argentina. A differenza degli altri desaparecidos, il corpo di Léonie e di tre fondatrici della Madri di Plaza de Mayo furono ritrovati nel luglio 2005. Per seppellirle all’interno della chiesa di Santa Cruz – dove si riunivano – era necessaria l’autorizzazione dell’arcivescovo e il cardinal Bergoglio la diede subito. A settembre ci fu il funerale ed io partecipai. La chiesa traboccava di gente. Il cardinale, però, non era in città e non poté venire. Questo, però, l’ho saputo dopo. Come pure dopo ho saputo ciò che aveva fatto per difendere i perseguitati dell’epoca. Al momento, ci restai male e, quando venne a Roma, nell’ottobre successivo, gli scrissi per esprimergli il mio rammarico. Appena lesse la lettera mi chiamò».

Sorella Geneviève rimase senza parole. «Mi chiese scusa. Mi spiegò che, in realtà, il ritrovamento dei corpi lo aveva molto toccato perché era amico di una delle desaparecidas, Esther Ballestrino de Careaga. E nel salutarmi mi disse: ‘Grazie. È così che si fa tra fratelli e sorelle’. La sua umiltà mi commosse. La stessa che ha mostrato domenica al Luna Park» racconta la religiosa ad Avvenire Negli ultimi due anni, sorella Geneviève ha incontrato il Papa in varie altre occasioni, insieme alle Nonne di Plaza de Mayo e ad altre attiviste che si sono battute contro le dittature del Cono Sud. E ogni volta ha rinnovato l’invito al parco.

«Lui sorrideva e diceva: ‘Magari!’ Sapevo che non era una frase di circostanza. E, in cuor mio, credevo che sarebbe venuto». L’occasione è arrivata con la visita di Francesco alla chiesa Regina Pacis di Ostia. «Quando l’ho saputo gli ho scritto. ‘Il Luna Park sta dall’altra parte della strada. Deve solo attraversare! – dice sorella Geneviève -. Non ho saputo niente fino a domenica, quando mi ha chiamato il capo della Gendarmeria vaticana che mi annunciava un sopralluogo per vedere se era possibile la visita del Papa. Nel dubbio, avevamo addobbato il parco con i palloncini! Lo spazio, però, è risultato troppo aperto e rischioso. Stava per saltare tutto. Poi il capo della Gendarmeria mi ha detto: ‘Facciamo andare il Papa nella vostra roulotte’. E, così, è stato. Dopo mi sono detta: proprio l’unico posto che non avevamo ‘sistemato’». E conclude: «A Francesco sono riuscita a dire solo: ‘Che grazia ha fatto a questa gente!’. La accompagno da sette anni, dopo averne trascorso 37 al Luna Park di Roma. E so quanto è difficile la vita per queste famiglie. Quanti ingiusti pregiudizi devono sopportare e con quanta dignità vanno avanti, specie dopo la crisi. La benedizione di papa Francesco ha dato loro molto coraggio. Non trovo parole per ringraziarlo…» (Lucia Capuzzi)