Lampedusa – “La storia di uno è la storia di tutti”. Questa frase, pronunciata da un migrante di origine sub-sahariana trattenuto a Lampedusa, ha dato il titolo ad un volume che racconta le storie di chi è passato dall’isola, ma anche le vite di chi sull’isola ci vive. Autrice dell’opera è la scrittrice Angela Lanza, la quale si è avvalsa della collaborazione e della memoria di Enza Malatino, da quasi 14 anni in servizio presso il poliambulatorio di Lampedusa, come psichiatra e psicoterapeuta. In tale veste, Malatino ha raccolto le testimonianze di chi fuggiva da un continente in fiamme, dilaniato da feroci dittature e da violenze inenarrabili. Dallo strazio del 3 ottobre e dall’ansia di fare emergere tutte le stragi dimenticate o taciute, è nato questo progetto che dà voce ai sopravvissuti e a chi li ha accolti, senza pretendere nulla in cambio. “Le storie vanno raccontate perché rappresentano la memoria e danno identità”, spiega Malatino. L’esperienza della professionista con i migranti è nata nel 2001, quando le fu chiesto di fornire assistenza specialistica agli ospiti del centro di accoglienza di Contrada Imbriacola. “Nella mia stanza c’era soltanto una sedia, la mia; allora ci siamo seduti tutti per terra – ricorda – da lì è nata l’esperienza dei gruppi di ascolto, con piccoli nuclei di persone che erano appena sbarcate, dopo settimane di deserto e di navigazione”. Durante quegli incontri emergevano racconti tanto tragici quanto lontani dal nostro incedere quotidiano: le storie di donne violentate in Libia, i racconti dei sacrifici umani per placare le ire del mare, i ricordi di chi aveva visto scomparire tra i flutti i propri compagni di viaggio. In questi anni molte cose sono cambiate sull’isola, le forme di accoglienza, ad esempio, ma anche i lampedusani: “I residenti hanno certamente modificato la propria percezione dei migranti: vent’anni fa erano i turchi, ora sono diventati i ‘sciatu nostru’”, sottolinea Malatino. A non essere mutate, invece, sono le condizioni del Continente Nero: “All’inizio della mia esperienza – evidenzia– ho parlato con molti liberiani che vivevano con appena due euro al giorno e avendo a disposizione appena 10 litri di acqua settimanali. Persone che si cibavano di bacche e di radici e vivevano in condizioni primordiali. In quello stato era facile che scoppiasse l’epidemia di ebola, come era naturale che gli abitanti fuggissero dalla dittatura”. Per Angela Lanza il libro nasce dal desiderio di raccontare empaticamente l’Africa sub-sahariana e di parlare del fenomeno migratorio dal punto di vista di Lampedusa: “I lampedusani sentono vicina la violenza dell’emigrazione, perché conoscono il distacco dalla loro terra. Quando nel 2011 – rimarca la scrittrice – Lampedusa si svuotò, dopo essere stata popolata anche da settemila immigrati, una donna mi disse che non riusciva più a dormire, perché l’isola era stata gremita da tante anime, poi trasferite altrove. Quella donna non riusciva più a dormire perché si sentiva svuotata, come la sua terra”. (Luca Insalaco)