Roma – Il viaggio di domenica scorsa di Papa Francesco in Albania ha riempito di «gioia» gli albanesi che vivono in Italia. Una visita «vissuta da tutti noi con la trepidazione di chi è conscio di vivere un momento che resterà impresso nella storia», spiega don Eduardo Karuso, direttore Migrantes della diocesi di Crotone-Santa Severina e parroco di Santa Maria del Buon Consiglio degli Albanesi, a Cirò Marina: il Papa ha saputo essere «albanese» e gli albanesi «hanno visto il Padre rispettoso. Questa visita – ha aggiunto – apre prospettive infinite per l’Albania, l’Europa, il mondo: il piccolo Davide sconfigge Golia. Dalla piccola Albania, grande nella storia e nobiltà, parte la sconfitta dell’intolleranza».
Il viaggio del pontefice in Albania «è servita anche per far conoscere al mondo l’esistenza dell’Albania in Europa», aggiunge Gjovalin Guga, a Torino da 13 anni, presidente dell’associazione cattolica Madre Teresa. «La visita del Papa è stata seguita con molta attenzione anche dai componenti della mia associazione, perché per noi il Papa rappresenta una guida spirituale. Speriamo anche che possa aiutare la pacificazione interna al Paese. Parlo dal punto di vista politico. L’Albania ne avrebbe proprio bisogno».
«Per un albanese della diaspora, come lo siamo noi italo-albanesi, ogni volta che si parla di Albania è come se si parlasse della nostra storia familiare», spiega il presidente dell’Azione Cattolica dell’eparchia di Lungro Giovanni Giuseppe Caparelli: «Per questo abbiamo vissuto il viaggio di papa Francesco come la visita a casa nostra, a casa dei nostri padri». «Noi italo-albanesi di rito greco-bizantino siamo la sintesi mirabile della fusione armonica della tradizione della Chiesa d’Occidente con quella della Chiesa d’Oriente – spiega – e rappresentiamo l’esempio vivente che l’unità dei cristiani non solo è possibile ma è già in atto».
Per Rosi Prekalori, di origine albanese e operatrice della Migrantes di Cuneo, gli albanesi in Italia hanno gioito nel sentire che «questa terra viene citata come testimonianza della convivenza pacifica tra diverse confessioni. Per noi che abbiamo vissuto e anche sofferto insieme in questa terra, che è un incrocio di culture e religioni, è naturale scambiarsi gli auguri e partecipare alle feste religiose di un altro. Anche se la popolazione cattolica è in minoranza, quando ci sono feste molto importanti i nostri Santuari sono pieni di persone anche non cattoliche». «In piazza – dice – erano arrivati proprio tutti a rendere onore ai martiri e a dare il benvenuto al Papa ringraziando per il grande onore fatto a questa terra».
Il cuore di Haxhari, studente alla Scuola di economia e management dell’Università di Firenze «era lì a Tirana tra la gente ad acclamare il nome del Papa e per dirgli grazie. Con le lacrime tra gli occhi – spiega – ho vissuto i momenti quando Francesco passava sul viale tra la gente, quando si rivolgeva a noi giovani e poi l’abbraccio con il sacerdote che ha fatto la sua testimonianza» Renato circa due mesi dopo la sua nascita è stato battezzato da un sacerdote che abitava nascosto tra le montagne di Scutari, per paura del regime. «Più dura era la persecuzione, più grande era la consolazione di Gesù nel cuore della gente». Gli albanesi sono per numero la seconda comunità presente in Italia dopo quella rumena. Le comunità cattoliche sono circa 50. Queste vivono un momento particolare nel mese di maggio, nella festa della Madonna del Buon Consiglio, che fin dal 1467 è venerata con un pellegrinaggio speciale presso l’omonimo santuario a Genazzano, cittadina a pochi chilometri da Roma.
(Raffaele Iaria)