Ragusa – L’accoglienza in Provincia di Ragusa non è solo questione di emergenza. Sebbene i riflettori si accendano su Pozzallo al momento degli sbarchi, delle vittime e delle inevitabili polemiche con contorno di passerelle politiche, in provincia sono presenti anche tredici centri che appartengono al Servizio di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati che fanno capo al Servizio Centrale, un ente istituito dal Ministero dell’Interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione e affidato con convenzione all’ANCI. Questi centri, nella Provincia di Ragusa, forniscono una ampia gamma di servizi socio assistenziali a circa 350 persone in fuga da guerre e persecuzioni. Oltre alla ex Provincia regionale di Ragusa, gli enti affidatari di progetti SPRAR sono otto comuni del territorio. Ciascuno di essi individua con apposito bando pubblico un ente gestore tra le realtà del privato sociale.
Nella visione della gente comune e, incredibilmente, anche in una parte delle stesse amministrazioni pubbliche titolari, i progetti SPRAR non si differenziano delle accoglienze in emergenza e dai cosiddetti CAS. Per questo motivo alcuni progetti sono stati osteggiati dalla popolazione e da esponenti politici che paventavano timori per la sicurezza e la salute pubblica, arrivando perfino a sostenere, nel Comune di Scicli, una raccolta firme per impedire la presenza di donne e bambini in un locale adiacente a una scuola pubblica.
Nei fatti, invece, i progetti SPRAR rappresentano una risposta all’avanguardia per l’inserimento dei richiedenti asilo poiché si occupano di inserimento garantendo una accoglienza che viene definita integrata, ovvero capace di offrire non solo vitto e alloggio, ma anche attività di accompagnamento sociale, finalizzate alla conoscenza del territorio e all’effettivo accesso ai servizi locali, fra i quali l’assistenza socio-sanitaria. Si attuano inoltre attività di alfabetizzazione, l’iscrizione a scuola dei minori in età dell’obbligo scolastico, il sostegno legale, la formazione lavoro e l’accompagnamento all’abitare autonomo. La bontà del sistema è tale che è stata assunta come sistema di riferimento dal Ministero dell’Interno anche per i nuovi bandi di affidamento per i CAS.
Tonino Solarino che è presidente della Fondazione San Giovanni Battista, ormai impegnata da quasi 15 anni con progetti di seconda accoglienza della rete SPRAR si sofferma su questo modello di integrazione facendo capire perché è stato questo il modello preferito dalla Chiesa locale: “Con i centri SPRAR si afferma un modello di integrazione capace di salvaguardare una dimensione comunitaria, considerato che ogni progetto ospita al massimo 20-25 persone ed evita le possibili conseguenze dei grandi centri di accoglienza che rischiano, a volte, l’anonimato e di calpestare i diritti dei singoli. Un’accoglienza capace di garantire tutela dei diritti e pretendere rispetto dei doveri da parte degli ospiti stranieri. La vocazione di una civiltà evoluta deve essere quella di tendere verso la costruzione di una Civitas, aperta ai cambiamenti e a quanto di buono riesce a produrre il confronto, lo scambio, l’integrazione tra le culture. Lo scenario in cui ci si trova oggi presenta una grande sfida: far incontrare due mondi cresciuti con paradigmi esistenziali e relazionali diversi. L’uno fondato sul benessere, la democrazia, la centralità della persona e dei suoi bisogni, l’altro basato sulla lotta per la sopravvivenza, la guerra e la fame. Questo rappresenta un grande sfondo su cui costruire relazioni e schemi nuovi di civiltà a partire dai nostri territori. Un motivo non secondario di importanza è che i progetti SPRAR finanziati sul nostro territorio per i prossimi tre anni metteranno in circolo tra reddito diretto di forza lavoro (e quindi rimesso in circolo sotto forma di consumo) e future commesse con fornitori o servizi ma anche piccoli commercianti, circa tredici milioni di euro”. (Vincenzo La Monica – Migrantes Ragusa)