Ragusa – Il Ministro dell’Interno Angelino Alfano lo chiamerebbe un “vù cumprà”, per i bagnanti delle spiagge di Donnalucata e Playa Grande, frazioni balneari del Comune di Scicli, è più semplicemente Khan e vende oggetti di bigiotteria etnica. A lui abbiamo rivolto alcune domande distogliendolo per qualche minuto dal suo lavoro.
Ha sentito le polemiche seguite all’intervento del ministro dell’Interno italiano? Dice che “i vù cumprà” vendono merce contraffatta che danneggia il prodotto made in Italy.
Intanto io non sono un “vù cumprà” perché ho la licenza di venditore ambulante. Tra l’altro nessuno dei miei clienti mi ha mai chiamato così. Detto questo, ne ho sentito parlare e credo che sia statoun intervento che ha fatto di tutta l’erba un fascio. Perché, insieme ai commercianti disonesti, lavoriamo anche noi che vendiamo braccialetti, collane, tatuaggi all’henné o altre gioie e che non vendiamo prodotti contraffatti.
Ma la polemica riguarda anche il comportamento molto insistente di alcuni di questi ambulanti che, a dire di Alfano, molestano gli italiani.
Nelle spiagge di Ragusa ci sono molti pakistani come me e molti bengalesi e credo che questo non sia mai avvenuto, anzi (Khan fa riferimento ad un episodio di cronaca di qualche settimana prima, quando due ambulanti del Bangladesh hanno salvato da un tentativo di stupro tre turiste romane aggredite da uno sbandato mentre dormivano in tenda a Punta Secca, sulla famosa spiaggia del commissario Montalbano). Io sono a Ragusa da quasi venti anni e tra me e i miei clienti si è stabilito un rapporto molto bello, perché mi conoscono, mi aspettano, mi salutano e spesso ci fermiamo a parlare anche solo per scambiare due chiacchiere o per mostrare la mia merce. Questo accade di più con le signore, anche perché poi ai mariti tocca pagare! Comunque faccio parte della spiaggia, la mia visita sotto l’ombrellone è come un rituale dell’estate.
Un’ultima domanda prima di lasciarla ai mariti che pagano. Come mai si trova qui? Cosa ha lasciato in Pakistan?
Sono venuto qui per lavorare. In Pakistan ho la moglie e tre figli, di cui uno malato. Li mantengo col mio lavoro, perché oltre che sulle spiagge e di sera in estate, lavoro nelle fiere nelle altre stagioni, con un mio banchetto. Quando sono partito nella mia terra c’era povertà, ma adesso la situazione è peggiorata. Ci sono molti problemi politici e religiosi anche a causa dei talebani. E anche qui in Italia adesso la vita è più difficile. Io torno a casa una volta ogni due, tre anni. I miei figli vanno a scuola e crescono senza di me, ma grazie a me. È la vita.
Lasciamo al suo lavoro Kahn, che ci restituisce, come spesso accade nelle semplificazioni a cui si riducono i proclami della politica, una situazione diversa da quella dibattuta in queste settimane. Una situazione che non è fatta solo di linguaggio politicamente corretto o di appropriazioni indebite, come quelle della Lega nord, che si è inserita nella questione con una incredibile ed agghiacciante assimilazione tra ambulanti irregolari e rifugiati politici. Il ragionare in superficie, senza prendere in considerazione i singoli, le loro diversità e le loro storie, ci fa dimenticare quelli come Khan o come i due ambulanti rimasti senza nome che hanno salvato le turiste aggredite. Persone, prima che categorie. (Vincenzo La Monica – Migrantes Ragusa)