Roma – Il loro primo impatto con il dramma dei migranti è stato per un giubbotto in acqua, la scorsa estate, in vacanza, durante una traversata verso la Tunisia. «Appartiene a qualcuno che non è più con noi», aveva commentato con occhi bui lo skipper dell’imbarcazione che li stava portando in crociera. A fare breccia però sono stati i gesti e le parole di Papa Francesco in visita a Lampedusa, quando con forza, ha richiamato tutti a impegnarsi in prima persona per l’emergenza nel Mediterraneo. Così Regina e Christopher Catrambone, marito e moglie, proprietari della Tangiers Group, una compagnia assicurativa con sede a Malta, si sono messi in gioco trasformando le parole del Papa in qualcosa di molto concreto, progettando e finanziando la prima operazione di ricerca e salvataggio privata per soccorrere i barconi in difficoltà. In Virginia, Stati Uniti, paese di origine di Christopher, hanno acquistato un barca di 43 metri, la Phoenix 1, l’hanno dotata di ponte di volo e di due gommoni e fatta navigare attraverso l’Atlantico fino a Malta, dove adesso stanno terminando i lavori per il suo equipaggiamento in vista della prima missione in acque internazionali. Il cuore del Migrant Aid Offshore (Moas) – così si chiama il progetto no profit per l’assistenza delle imbarcazioni in difficoltà – non è in competizione con le operazioni Frontex e Mare Nostrum, ma sarà loro di appoggio attraverso la tecnologia e l’esperienza di un equipaggio altamente qualificato. Alla guida dell’operazione i Catrambone hanno voluto l’ex Capo di Stato Maggiore della difesa, il comandante delle Forze Armate Maltesi Martin Xuereb, che insieme al suo equipaggio sarà affiancato da personale paramedico e operatori specializzati nell’utilizzo di due droni, gli Schiebel S-100 Camcopters, con cui sorvolare vasti tratti di mare e inviare foto e filmati in tempo reale, coadiuvando i tradizionali mezzi di ricerca e salvataggio. «Saremo sia reattivi che proattivi. Le centrali operative di Malta e Italia avranno la nostra posizione. Se da un barcone parte una chiamata di aiuto, le centrali sapranno quanto siamo vicini per un eventuale avvicinamento per pianificare il primo soccorso. Noi possiamo spedire il drone in perlustrazione, e fornire immagini alle autorità, in modo che possano prendere decisioni sull’intervento da effettuare», spiega Xuereb. A bordo la Phoenix 1 avrà cibo, acqua, medicinali, coperte e giubbotti di salvataggio per far fronte ad ogni esigenza. Un nuovo approccio al soccorso in mare dei migranti, per il quale le autorità si appoggiano a navi commerciali e pescherecci che altrettanto spesso, dicono dalla Phoenix, non sempre si trovano nella posizione giusta per dare subito aiuto. L’obiettivo della missione, fortemente voluta da Regina, è semplice: «Aiutare chi è disperato», ha detto, ricordando come in molti abbiano sollevato dubbi sulla missione e sui suoi costi, dato che solo il personale paramedico è volontario, ma non il comandante, l’equipaggio marittimo e il personale tecnico per il funzionamento dei droni. Da domani infatti sul sito ufficiale della missione partirà il programma di crowfunding, la raccolta fondi attraverso la Rete, per sostenere la missioni, in programma fino ad ottobre, e per ampliare il progetto, perché «quello che succede nel mediterraneo succede anche in altre parti del mondo». L’imbarcazione, arrivata in un cantiere maltese lo scorso 27 giugno, ad agosto sarà pronta per la prima delle missioni in mare. (Sara Lucaroni – Avvenire)