Lampedusa – “Dov’è tuo fratello?”. La domanda rivolta l’8 luglio scorso da Papa Francesco a Lampedusa è stata ripresa ieri dal card. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che proprio sull’Isola ha presieduto una solenne celebrazione eucaristica nella parrocchia di San Gerlando, trasmessa in diretta da Rai Uno. Con lui hanno concelebrato, fra gli altri, l’arcivescovo di Agrigento mons. Francesco Montenegro, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, il Direttore Generale della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego e il parroco di Lampedusa, don Mimmo Zambito. L’interrogativo “Dov’è tuo fratello?”, ha detto il card. Vegliò, un anno dopo “ci mette di fronte alla realtà dei fatti, chiedendoci se in questi mesi è cambiato qualcosa o se ancora permane la ‘globalizzazione dell’indifferenza’, denunciata dal Santo Padre”. Il Presidente del dicastero vaticano rende omaggio a “tanti piccoli passi, tante mani tese, tante braccia che si sono aperte”. Agli abitanti di Lampedusa, “che sono stati capaci di gesti di generosità, soprattutto nel guardare i migranti negli occhi e nel dire a ciascuno di loro: ‘Tu sei mio fratello’.E con voi, si deve riconoscere la generosità dell’Italia” che “di fatto, prima di preoccuparsi di difendere le sue frontiere, è stata attenta ai drammi dell’immigrazione. Ma la solidarietà impegna tutta la Comunità dell’Unione e si allarga fino ad interpellare la Comunità internazionale, talvolta anche suscitando in tutti sentimenti di vergogna di fronte ai cadaveri di tante persone che hanno trovato la morte nelle difficili traversate”. Per il card. Vegliò l’immigrazione “correttamente gestita, nella regolarità e nella sicurezza” non è una minaccia, “ma può essere un’opportunità per l’Europa, che oggi appare stanca e invecchiata. Prego il Signore che le istituzioni dell’Unione Europea e l’intera Comunità internazionale si lascino convincere ad agire con maggiore coordinamento e con autentico spirito di collaborazione, per la creazione di un mondo più giusto, più solidale, più umano”. La presenza e l’arrivo di tante persone – ha aggiunto – “è un grave problema che in un modo o in un altro dovremo cercare di risolvere”. Tuttavia, “è umano e cristiano avere verso tutti comprensione, tolleranza e solidarietà. Con quale coraggio possiamo respingere, ributtare in mare o rimandare al Paese d’origine chi scappa sotto minaccia della sua stessa esistenza?” Da questa domanda sorge anche “l’importante questione della giusta distribuzione della ricchezza mondiale”.