Agrigento – “I corridoi umanitari sono una risposta, ma un corridoio deve avere un inizio e una fine. Da cittadino mi domando: con chi si può trattare, se in Libia non c’è un governo?».
Monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della commissione per le Migrazioni della Cei e della Fondazione Migrantes, assiste all’ennesima strage di disperati nel Canale di Sicilia e chiede un impegno serio dell’Europa.
L’operazione Mare Nostrum ha salvato migliaia di vite, ma non si è rivelata sufficiente. Qualcuno sostiene che favorisce perfino gli scafisti. Lei cosa ne pensa?
Nessuno può sognare che queste morti finiscano fino a che questi viaggi continuano. Sono viaggi di speranza, ma diventano sempre più viaggi di morte. È vero che le navi riescono a salvare tante vite; ma può anche essere vero che i migranti approfittano della presenza di queste navi e quindi vanno avanti un po’ più sicuri.
Il governo italiano sostiene che, durante il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, porrà il tema dell’immigrazione tra i punti principali da affrontare. Lei cosa si aspetta?
Io non credo che in sei mesi si riuscirà a trovare una soluzione; se fosse così, lo potremmo mettere nella categoria dei miracoli. Io spero che l’Italia riesca ad ottenere qualcosa di più e a far muovere un po’ di più questo marchingegno. Ma io ho parlato con il presidente del Consiglio europeo, ho parlato con alcuni commissari e loro sostengono che, perché l’Europa si muova, devono essere in 27 a pensarla alla stessa maniera. Per arrivare a un pensiero comune, i tempi saranno lunghi e lunghissimi. Il peccato originale dell’Europa è che non è costruita attorno agli uomini, è costruita attorno all’economia e alla finanza.
Come intervenire quindi per rovesciare questa situazione?
Difficile dirlo. Fino a quando l’Europa sarà un grande salvadanaio non possiamo aspettarci che l’uomo abbia l’attenzione che si merita; saranno i soldi, se ci sono o non ci sono, che permetteranno determinate azioni o determinati movimenti da parte di tutte le Nazioni.
Da più parti si chiedono corridoi umanitari per sconfiggere il traffico di esseri umani. La ritiene una strada percorribile?
Sarebbe una soluzione auspicabile, ma in alcuni Paesi sarà difficile la collaborazione. In Libia non c’è un governo, come si farà dialogare? Con chi concordare i corridoi umanitari? Credo, però, che la speranza ci debba accompagnare, questa è una lettura fredda davanti a ciò che succede. Come Paolo cambiò vita improvvisamente, noi come credenti speriamo che si cambi vita e si cambino gli atteggiamenti. Però, la lettura dei fatti attuali non fa molto sperare.
I centri di accoglienza della Sicilia sono al collasso. Che tipo di accoglienza stiamo offrendo a chi scappa da violenze e soprusi?
Accoglienza non è soltanto tirarli sulla terra ferma e dare un piatto e dare un tetto. In qualche modo, accoglienza è anche far sì che la vita di questa gente venga riconosciuta come una vita meritevole di attenzione. E sono persone che hanno una dignità: il Papa lo va ripetendo. Come Chiesa stiamo facendo davvero molto. Mentre all’inizio erano solo le diocesi di frontiera a essere impegnate direttamente, vedo che adesso la mobilitazione si è spalmata su tutto il territorio siciliano e italiano.
Questo è un grosso passo in avanti. (Alessandra Turrisi – Avvenire)