Messina – Sguardo alto verso il crocifisso, o testa bassa verso il pavimento. Poi tutti seduti in modo ordinato, l’uno accanto all’altro, tra quelle sedie e quei banchi che fino a qualche ora prima avevano accolto le preghiere dei fedeli. In occasione dello sbarco di cinquecento migranti, avvenuto lo scorso 26 giugno direttamente alla banchina del porto di Messina (si tratta del quarto arrivo via mare nella città dello Stretto), la Chiesa locale, “seguendo l’esempio” di quanto accaduto a Palermo nelle scorse settimane, ha letteralmente aperto le porte a donne, uomini, bambini, giunti in Sicilia dopo aver attraversato deserto e mare. L’arcivescovo, monsignor Calogero La Piana, rispondendo alle sollecitazioni giunte da parte del sindaco, Renato Accorinti, ha dato l’ok all’utilizzo della chiesa di San Francesco all’Immacolata come luogo in cui poter fornire ai migranti sostegno e ristoro. Decisione, quest’ultima, voluta per evitare che i richiedenti asilo, già stremati dopo interminabili giorni di faticoso viaggio, trascorressero il tempo d’attesa per il successivo trasferimento sotto il caldo sole di luglio.
I due barconi con a bordo, rispettivamente, 200 e 300 persone, sono stati raggiunti a sud di Lampedusa dai mezzi “Sirio” e “Dattilo” impegnati nell’operazione “Mare Nostrum” e i migranti sono stati poi trasferiti a bordo della nave “Etna” che li ha condotti a Messina.
Ad attenderli, di fronte l’ingresso della chiesa e pronto ad accoglierli nell’ampia e spaziosa navata centrale, il parroco don Giuseppe Catalano: «Siamo contenti di dare un sostegno a questi nostri fratelli. Nei loro sguardi si leggono chiaramente le sofferenze sopportate e affrontate per riuscire ad essere finalmente qui». Un “qui” tuttavia temporaneo: i migranti hanno infatti sostato in città solo per qualche ora: i nuclei familiari, grazie all’organizzazione di due voli charter, sono stati trasferiti in Sprar del nord-Italia; i minori (60 in totale), sono stati sistemati in una struttura di accoglienza della provincia di Messina; la restante parte è invece stata condotta al Centro di ospitalità “Primo Nebiolo”, nel frattempo reso libero grazie al trasferimento degli ospiti lì presenti da inizio giugno, in un centro di Vibo Valentia.
Accoglienza, ristoro, ma soprattutto tanta umanità. Questa l’atmosfera respirata tra le sedie e i banchi “dell’Immacolata”, dove nonostante le difficoltà legate ad un’organizzazione spesso complicata che deve mettere insieme più attori istituzionali, l’amorevole lavoro svolto dai volontari è riuscito ad andare oltre il mero assistenzialismo: a saziare il corpo un pasto e una bottiglietta d’acqua, a “saziare” l’anima sorrisi e carezze di conforto che madri, padri, figli e fratelli “abitanti” della soleggiata sponda europea del Mediterraneo, hanno rivolto con genuina dolcezza a quelle madri, padri, figli e fratelli, nati e cresciuti lì dove il sole sembra invece essere stato “oscurato”. (Elena De Pasquale – Migrantes Messina)