Milano – Nella antica chiesa dedicata a San Bernardino alle Monache in via Lanzone a Milano dietro una piccola croce di legno fatta con i barconi di Lampedusa entrano portate a spalla le foto scattate dal pastore metodista milanese Uli Eckert. Raccontano del naufragio del 3 ottobre che ha documentato perché si trovava casualmente sull’ isola. È l’ inizio della veglia toccante organizzata dalla comunità di Sant’ Egidio, ‘Morire di speranza’, Ufficio diocesano Migrantes, Caritas e Centro San Fedele – e con l’adesione di Acli, Casa della Carità, Focolari e Opera San Francesco – per ricordare nella preghiera le persone morte per raggiungere l’Europa. Milano è un punto di passaggio obbligato verso il nord. Molti non l’hanno raggiunta e durante la celebrazione vengono letti i nomi sconosciuti di madri e padri eritrei e dei loro figli, uniti nella morte il 3 ottobre dopo aver varcato il Sahara per non dover trascorrere la vita con la divisa imposta dal regime dell’ Asmara. Poi altre tragedie. Quella dei 200 siriani spariti nel Canale di Sicilia l’11ottobre 2013, uno dei periodi più neri nella storia della migrazione. E le ultime: i 117 tra morti e dispersi eritrei e nigeriani affogati il 12 maggio a 50 chilometri da Tripoli. I 100 ghanesi morti sempre in acque libiche una settimana fa. E poi i minori che invece sono passati da Milano come Abdullah, 16 anni, per morire soffocato in un camion a Calais mentre cercava di raggiungere Londra. Nomi e storie ignorate messi insieme recuperando pazientemente le testimonianze dei sopravvissuti e ascoltando i parenti. Tra coloro che hanno letto le intenzioni l’italo-eritrea Alganesh Fessaha, presidente dell’ ong Gandhi e vincitore dell’ Ambrogino d’oro a dicembre. Nella breve omelia il nuovo responsabile Migrantes della diocesi, don Alberto Vitali, ha ricordato che “i cristiani non devono accogliere i rifugiati solo perché lo dice la legge, ma perché accoglierli è una dimostrazione del nostro buon rapporto con Dio”. Mette in guardia, don Vitali, dalla distinzione tra migranti economici e rifugiati che pare insinuarsi nei media. “Chi fugge dalla miseria non ha meno diritto di venire accolto di chi fugge da guerre e persecuzioni”. Tra i celebranti, il reverendo Vichie Sims della chiesa anglicana, Abba Samuel Arewgahegn della chiesa ortodossa etiope. Tra il pubblico, molti immigrati e le famiglie di volontari che in tutta Milano hanno accolto distribuendo pasti e vestiti e offrendo posti letto negli ultimi 45 giorni ai giovani eritrei – perlopiù minori – che sono riusciti a sbarcare in Sicilia dalla rotta libica e poi passati dal capoluogo lombardo, hub strategico per passare verso il nord Europa. Safir, volontario di Sant’ Egidio, ha gestito l’ accoglienza nella comunità pastorale Giovanni Paolo II a Greco. “La parrocchia ci ha dato un locale dove si cenava e dormiva. Accoglievamo 12 ragazzi per sera tra i 14 e i 22 anni. Molti sono stati con noi qualche notte, altri due settimane. Sono partiti”. Come Abdou, 17 anni, 3 fratelli minori, piccolo uomo che sognava la Norvegia per aiutare la sua famiglia. Partito a 14 anni da un villaggio vicino a Massaua, è andato in Etiopia pagando i soldati alla frontiera per passare, poi in Sudan, Libia, lo sbarco a Pozzallo e un autobus per Milano. È arrivato a maggio. In Libia è stato in prigione nove mesi a Kufra, la peggiore, dove è stato torturato finché i parenti hanno pagato. Ora è in Svezia. O Moses, rapito nel Sinai, è stato torturato per un mese. Poi in qualche modo è riuscito a fuggire in Sudan dove è rimasto 6 mesi in ospedale perché le gambe non si muovevano più. Poi si è ripreso e ha trovato il modo di guadagnare qualcosa tra Uganda e Kenya. Tornato a Khartoum, è stato derubato. È fuggito di nuovo in Congo e ancora Uganda. È andato in Libia, poi la Sicilia e Trento. “Non so che cosa succederà. Mi affido a Dio come ho fatto sinora”. Ieri, per salutare don Giancarlo Quadri, una celebrazione in piazza Santo Stefano. E dalla chiesa di San Bernardino è stata portata a spalla dagli eritrei la grande Croce di Lampedusa, benedetta da Francesco lo scorso 9 aprile e tornata a Milano. (Paolo Lambruschi – Avvenire Milano)