Città del Vaticano – “Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore. Voi siete nel cuore della Chiesa”. Con queste forti parole, il 26 settembre 1965, Paolo VI si rivolgeva agli zingari radunati a Pomezia in occasione del loro pellegrinaggio internazionale. Quella visita segnò una particolare apertura della Chiesa al popolo gitano. L’anno prossimo si celebrerà il cinquantesimo anniversario di quell’avvenimento, non per farne una semplice commemorazione, ma per riesaminare l’impegno pastorale in favore delle popolazioni zingare, tenendo conto della situazione attuale che richiede alla Chiesa rinnovate strategie pastorali. Dopo quella visita, tante cose sono cambiate. La pastorale specifica per gli zingari è oggi ben strutturata in 24 Paesi del mondo, soprattutto in Europa, negli Stati Uniti d’America, in Brasile e in Argentina, in India e in Bangladesh, ove le comunità cristiane si sono arricchite di credenti laici, sacerdoti, diaconi e religiosi di etnia zingara. Come non ricordare, poi, l’udienza dell’11 giugno 2011, che Benedetto XVI ha concesso a oltre duemila rappresentanti di diverse etnie zingare, accogliendoli in Vaticano per la prima volta. La pastorale degli zingari aiuta a promuovere uno sviluppo umano integrale, sostiene l’autostima e incoraggia l’esercizio della responsabilità personale. Molti zingari vivono ancora in condizioni di estrema povertà, in situazioni d’analfabetismo, privi di beni indispensabili per una vita dignitosa. D’altra parte, anch’essi spesso non si adeguano alle leggi o ai doveri dei Paesi che li ospitano. Papa Francesco non si stanca di esortare la Chiesa e gli Stati a rafforzare gli impegni per combattere la povertà, sradicare i pregiudizi, fermare i processi di razzismo e xenofobia. Abbiamo il dovere di investire in progetti educativi, in servizi di ospitalità ed accoglienza senza ingenuità e senza cadere nel puro assistenzialismo. Sarà anche importante rafforzare, poi, una sana identità e cultura zingara che contribuisca a far crescere il rispetto reciproco e a creare coesione sociale. Gli zingari attendono l’aiuto necessario per essere affrancati da paure e pregiudizi, per poter godere anch’essi dei benefici delle società in cui vivono, impegnandosi nel contempo a rispettare le regole e a creare ambienti di legalità e di sicurezza. Ma l’annuncio del Vangelo è il principale contributo che la Chiesa può dare, facendo conoscere Cristo e le beatitudini, da cui trarre incoraggiamento per tessere relazioni positive e corrette con la società ospitante, con persone del proprio gruppo e di diverse etnie. L’evangelizzazione non può trascurare quegli aspetti culturali, linguistici e tradizionali che plasmano l’essere umano e i popoli nella loro integrità. Anzi, occorre leggere dall’interno la cultura della popolazione zingara quale elemento da integrare nel disegno salvifico divino. Come tutti i popoli, anche gli zingari sono fieri della loro cultura. Vincendo sospetti e paure, possiamo aiutarli a percorrere autentici itinerari di scambio positivo con altre società e di miglioramento della qualità di vita per tutti. Al fine di riesaminare l’impegno pastorale della Chiesa in favore delle popolazioni zingare e di preparare il cinquantesimo anniversario della visita di Paolo VI a Pomezia, il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti organizza nei giorni 5 e 6 giugno l’incontro mondiale dei promotori episcopali e dei direttori nazionali di questa pastorale, sul tema: “La Chiesa e gli zingari: annunciare il Vangelo nelle periferie”. Il beato Zefirino Giménez Malla, martire zingaro, possa guidare, illuminare e proteggere le nostre giornate di lavoro e sostenere quanti si dedicano a questa pastorale con coraggio e disinteresse. (Card. Antonio Maria Vegliò – Osservatore Romano)